mercoledì 9 luglio 2008

Passi lievi di giganti al 51° Festival dei due Mondi di Spoleto

di Matilde Tortora

Passi lievi di giganti sul red carpet, che non è certo un tappeto rosso, ma un’intera città, la Spoleto della 51° Edizione del Festival, di nuovo divenuto da quest’anno dei due Mondi, Edizione opera del suo nuovo Direttore artistico e Presidente, il regista Giorgio Ferrara: è possibile, come ai suoi tempi d’oro, fare un tratto a piedi assieme a loro, quel tratto nelle stradine suggestive, il tempo occorrente a introdursi là dove si vedranno le loro opere mirabili, il meglio della cultura mondiale. L’opera da tre soldi, con la regia di Bob Wilson al Teatro Nuovo: un capolavoro, una trasposizione teatrale per immagini audaci del celeberrimo testo di Brecht, che accende di luci rotanti da luna-park e di chiaroscuri da cinema muto l’opera brechtiana, e rende in immagini icastiche eppure intensamente dinamiche il pensiero dell’autore, una per tutte, il protagonista che messo in gattabuia, aziona le sbarre percorse una per una da una luce come una ferita aggiunta a ferita, come fossero potenziali strumenti musicali, Mackie Messer mentre agogna la liberazione, suona con le gambe e le braccia le sbarre che lo imprigionano, tre ore di una luminosa geometria di immagini, i musicisti del Berliner Ensemble, uno spettacolo di una sensualità alla Pabst e da sperimentatore eccelso che tutto convoglia, ancora una volta, vaudeville, cabaret, cinema muto, arti figurative e la moderna virtualilità nel suo teatro totale.
Nel mentre alla Chiesa di S. Simone Luca Ronconi con le sue Lezioni, t’immette nel suo laboratorio creativo, ti fa toccare con mano quali sono o dovrebbero essere le immagini da cui far scaturire le parole per ciascun dei dodici giovani attori, che vanno a recitare parti da opere di Ibsen.
Il giorno innanzi l’attrice francese Judith Magre, nell’ Histoire d’hommes, si conferma al teatro Caio Melisso sempre più l’epigona d’oggi di Sarah Bernardt, in questo testo, scritto appositamente per lei dal drammaturgo Xavier Durringer, Ella vibra e risuona di parole che scolpiscono una serie di donne che sarà difficile dimenticare; molto belle anche gli altri testi drammaturgici Perthus di Jean-Marie Besset al Caio Melisso e La seconde surprise de l’amour, una rivisitazione modernissima del testo di Marivaux, di “come l’amore può nascere dall’incontro di due dolori”, strepitosi gli interpreti tutti, regia di Luc Bondy.
Della stessa bellissima pasta Valeria Bruni Tedeschi, ospite dell’articolato e ricco programma della sezione Cinema di questo Festival (diretta da Nicoletta Ercoli) che ha presentato domenica 6 luglio alla Sala Frau il suo recente film Actrices, di cui è regista, autrice e interprete, un film notevole.
È Alessandra Ferri che dirige la Sezione Danza del Festival, che ha portato qui balletti che definire la summa e il ghota della danza nel mondo, è del tutto veritiero:danzatori i migliori , coreagrafie dei grandi del balletto Antonio Gades, Maurice Bejart, Jerome Robbins, per Men Only. A mosaico of dances, il Teatro Romano ha ospitato anch’esso passi lievi di giganti, Luigi Bonino, Adrian Galia, Savion Glover, Bare Soundz, Laurent Hilaire, Manuel Legris, Gil Roman, Damian Woetzel, Alexander Zaitsev, mandando in delirio il numeroso pubblico che, nei giorni precedenti ha visto lì risuonare i canti persiani di Je t’aime de deux amour di Kudsi Erguner e il violino di Michael Galasso, tutto un mondo di suoni, immagini, parole, musiche, il meraviglioso portato in scena al Teatro Nuovo dall’opera - ballet Padmavati di Albert Roussel, che ha visto passare in scena, una messe di personaggi, canti, misteri di un Oriente del XIII sec. che Roussel “un uomo di mare anche compositore” come egli stesso amava definirsi, negli anni Venti traspose in musica, perfino un elefante e nel secondo atto una tigre hanno preso parte alla spettacolare messinscena.
Un tenero, arguto elefantino anche al Caio Melisso per L’Histoire de Babar di Francis Poulenc un’operina in musica punteggiata da oleogrammi e dalla narrazione fatta dall’attore Didier Sandre, nel mentre la musica diceva i passi di Babar l’elefantino che, privato della madre, si reca in città.
La serata Kyliàn, con Car-Men e Birth-Day al Chiostro di S. Nicolò, del coreografo Jiri Kyliàn ha costituito un altro evento di grande sperimentazione e nel contempo di grande poesia, stavolta i suoi passi e quelli dei suoi eccezionali cointerpreti sulla musica di Bizet in Car-Men in un film in bianco e nero e in Birth-Day sulla musica di Mozart, in una commistione di dal vero e in video, hanno scritto con la luce e con passi di danza inventivi e a tratti anche comici il racconto eterno della seduzione e la terribilità dell’essere stati chiamati alla vita.
Tantissimi altri gli eventi: introdotta quest’anno la sezione Idee curata da Ernesto Galli della Loggia, si è discusso di democrazie, di metamorfosi della violenza, del concetto di Patria, per quest’ultimo quattro scrittori due poeti e due prosatori si sono pronunciati, la poetessa Patrizia Cavalli nei suoi versi, ha detto della ricottina che le restituisce al contatto con il palato i pascoli di una terra che è anch’essa patria, riflettendo inoltre sulla matrice femminile di questo termine che molto spesso occulta il nodoso tronco attorcigliato del padre che è il vero origine di questo lemma su cui sarebbe bene tutti ci soffermassimo a riflettere.
Sicché un filo d’oro, di modernità, di tessitura di un’arazzo tra i più nuovi e importanti, è quello cui abbiamo assistito in questa prima settimana di questo Festival, che ha preso avvìo il 27 giugno e si conclude domenica 13 luglio e per il quale già è bello dire: io ci sono stata, tanto più che a tutti noi, presenti ma anche quelli che si dorranno di non esserci stati, questo Festival con la regia di Giorgio Ferrara, ha già saputo darci molti fecondi specchi in cui possiamo riflettere la nostra immagine e, magari, ritrarci irrobustiti nella nostra identità, istigati all’amore per il nuovo, il bello, il profondo e come nei WOOM Portraits la Mostra dei video-ritratti di Bob Wilson allestita al Palazzo Leti-Sensi, afferrare il doppio salto mortale delle fisionomie, delle posture, il più bel discorso, a nostro parere, sulle identità e la complessità del definirle da Aristotele a oggi.
Per cui rinnamorarsi di Spoleto e di questa Edizione opera del suo nuovo Direttore artistico e Presidente, il regista Giorgio Ferrara, che ha voluto e saputo, con sapienza autoriale e direi d’amore, approntare questa edizione del Rinascimento, è un tutt’uno, una renaissance che non solo prefigura un vivido futuro, ma ci coinvolge davvero tutti.

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