domenica 23 settembre 2007

Il Fiore di ogni dove. Parole, suoni ed immagini

Anche quest’anno ritorna a Cetraro la Rassegna Cinematografica Internazionale “IL FIORE D’OGNI DOVE”- Premio Simona Gesmundo Corti d’animazione 2007, ideata e diretta da Matilde Tortora e curata dal Laboratorio Sperimentale G. Losardo, giunta alla sua terza edizione ed in programma il 26 ottobre prossimo presso la Sala Convegni della Colonia S. Benedetto nella cittadina tirrenica.
La manifestazione, sin dal suo esordio patrocinata dal Conseil du Cinema, de la Televisione et de la Communication Audiovisuelle dell’ Unesco , dalla Presidenza del Consiglio Regionale, dalla Provincia di Cosenza e dal Comune di Cetraro, è organizzata quest’anno in partecipazione con la Giornata Mondiale del Cinema d’Animazione e si avvale dell’importante patrocinio dell’ASIFA - International Animated Film Association.
All’interno della Rassegna trovano spazio due sezioni, Cinema e Comunicazione, che ospitano e premiano giornalisti, artisti e registi che si sono distinti nei rispettivi campi. Sono attesi a Cetraro, per il “Cinema” i giovani registi Giovanna Taviani, Antonello Carboni e Fabio Marra con i loro ultimi lavori e Nunziante Valoroso, storico e collezionista di film d’animazione Disney.; per la sezione “Comunicazione” verranno premiati la giornalista RAI Carla Monaco e la radio regionale Radio Azzurra. Riconoscimenti speciali verranno attribuiti a Sir Robert Kalman, Presidente della Giuria Internazionale in questa edizione del Premio Simona Gesmundo nonchè membro del Comitato Esecutivo dell’ UNESCO sezione Cinema, ed a Vincenzo Mollica per la RAI.
Il Premio Simona Gesmundo Corti d’Animazione, dedicato alla memoria della giovane studiosa di cinema e di linguaggi multimediali i cui studi innovativi hanno riscosso consensi e trovato applicazioni in Italia e all’estero, costituirà parte integrante della Rassegna, come già accaduto lo scorso anno. In concorso 40 cortometraggi animati sia italiani che provenienti da diversi paesi europei per le due sezioni “Digitale” e “Disegno animato”, selezionati e valutati dalla giuria internazionale già presieduta dal regista d’animazione e autore indipendente Simone Massi, e composta tra gli altri dall’artista ungherese Anna Kiss, dal prof. Luigi di Gianni, regista e docente universitario e dalla stessa Matilde Tortora. (altre informazioni reperibili presso il sito www.premiosimonagesmundo.com). Saranno proiettati i migliori 10 lavori in concorso e proclamati i due cortometraggi vincitori. Nella scorsa edizione sono stati premiati per la sezione digitale Rags-Stracci di Massimo Carrier Ragazzi e Assenza di Lucia Belli per la sezione Disegno Animato. Sempre nel 2006 sono stati attribuiti riconoscimenti a Simone Massi e a Mario Oliverio, presidente onorario della Rassegna. Il Laboratorio G. Losardo, presenti le autrici, ha anche presentato il volume Parole d’amore, una raccolta di articoli e saggi sul cinema e sulla letteratura delle docenti universitarie Matilde Tortora e Margherita Ganeri curata da Francesca Villani.

La Rassegna Cinematografica Internazionale “IL FIORE D’OGNI DOVE”ed in particolare il Premio Simona Gesmundo Corti d’animazione è un evento unico in Calabria, in quanto la promozione del cinema d’animazione è di solito confinata negli spazi ristretti dei festival specializzati o nelle rassegne per addetti ai lavori, più spesso al norditalia. I profani del genere sono abituati a considerare il cinema d’animazione un genere esclusivamente dedicato all’infanzia, opinione a cui ci hanno abituato la Disney e le case di produzione giapponesi. Più che un genere cinematografico tout court, esso è invece un linguaggio autonomo che si differenzia dal cinema “dal vero” sia per la tecnica, sia per i principi estetici su cui è costruito. Si tratta di storie pensate, sceneggiate e poi "raccontate per immagini" che prendono corpo, oltre che con l'animazione, oggi sempre più spesso digitalizzata, attraverso altri mezzi grafico-espressivi come il fumetto e l'illustrazione.

Oggi sono oggi in produzione numerosi progetti italiani, sia per la televisione che per il cinema, ed il pubblico –anche adulto- sta finalmente scoprendo che anche l'animazione può essere cinema di qualità e soprattutto un’arte tra le più aperte alla sperimentazione e terreno fertile per le nuove tecnologie.
La Rassegna Cinematografica Internazionale “IL FIORE D’OGNI DOVE”- Premio Simona Gesmundo Corti d’animazione è presente nel periodico di cultura cinematografica Quaderni di Cinemasud, che ospita i festival di cinema più importanti d’Italia e d’Europa e che privilegia i nuovi autori, il genere documentario e le cinematografie del Sud del mondo. Come ha scritto Mario Monicelli in un suo bel messaggio augurale in occasione della prima edizione del Fiore d’ogni Dove: “dare avvio a un festival di cinema multiculturale, che dunque consenta alle nuove generazioni di vedere film di più parti del mondo e di intenderne le varie culture è oggi più che mai importante”. L’intento della rassegna nelle intenzioni del suo direttore artistico Matilde Tortora è infatti quello di promuovere un cinema giovane che sappia interagire con la realtà e con i nuovi linguaggi artistici (dei quali l’animazione rappresenta una parte importante), ma anche capace di emozionare ed aprire la mente verso orizzonti nuovi e lontani.

mercoledì 19 settembre 2007

Terza edizione del Festival dei corti “Riviera dei cedri”

di Clelia Rovale

Nei giardini di Palazzo del Trono, si è svolta, nei giorni scorsi, la III edizione del Festival dei corti cinematografici “Riviera dei Cedri”, organizzata dal Laboratorio sperimentale “Giovanni Losardo”, di cui è presidente il prof. Gaetano Bencivinni.
La serata è stata aperta dall’intervento della prof.ssa Franca Muglia, che ha coordinato la prima parte della manifestazione. Nel suo intervento, in particolare, la prof.ssa Muglia ha ricordato le numerose attività svolte dal laboratorio, accennando, altresì, alle edizioni precedenti del festival. Inoltre, sia la stessa Muglia, che il prof. Bencivinni, intervenuto subito dopo, hanno sottolineato, con entusiasmo, il fatto che al festival sono arrivati numerosi lavori, dai corti di animazione ai corti di taglio documentaristico, da diversi Paesi del mondo, tra i quali la Russia, l’Ungheria e persino da zone del Terzo mondo, tra cui regioni povere dell’Africa. Proprio i lavori provenienti da queste ultime hanno dato il via alle proiezioni.
La seconda parte della manifestazione, coordinata dalla prof.ssa Mirella Mannarino, è stata, invece, incentrata sulla proiezione di diversi lavori eseguiti in ambito scolastico, tra i quali, in particolare, hanno incontrato il favore del numeroso pubblico presente quello proveniente da una scuola di Bologna, intitolato “Da nemiche ad amiche” e curato dal prof. Stefano Occhiuzzi, di origine cetrarese, ma da anni trapiantato nella città emiliana, e quello realizzato nelle scuole di Guardia Piemontese, presentato dal dirigente scolastico Leopoldo Di Pasqua.
Da sottolineare che sia il primo lavoro che il secondo sono stati incentrati su tematiche di grande attualità, vale a dire la presenza di fenomeni quali il razzismo e il bullismo nelle nostre scuole. La conclusione della serata è stata caratterizzata dalla premiazione di tre giovani registi ai quali la selezionata giuria di esperti ha ritenuto di dover assegnare i riconoscimenti previsti, appunto, dal Festival “Riviera dei cedri”.
E’ stato premiato Francesco La Regina, che ha partecipato con un corto d’animazione intitolato “Albert, Al e Bart”, realizzato dalla sua società d’animazione la OGM (Organismi graficamente modificati). Il corto spiega, in termini molto semplici e comprensibili da tutti, la Teoria della relatività. Un altro premio è stato assegnato a Marco Infusino, che ha partecipato con “La Rosa”, struggente corto intriso di flashback, caratterizzato da variazioni di colore e supportato dalla colonna sonora di John Williams, storico collaboratore di Steven Spielberg. Premiato anche il regista cetrarese Antonio Antonuccio, che ha presentato il corto “C’era un ragazzo che come me…”, un lavoro incentrato sulla guerra in Vietnam, che adagia le immagini sul testo della celebre e omonima canzone di Gianni Morandi. Nel suo intervento Antonuccio, ha reso noto che, nel prossimo mese di ottobre, presenterà la versione estesa di tale corto, nella quale darà spazio alle scene integrali d’azione e ad altri passaggi importanti, che danno più forza all’idea che sta all’origine del film.
Anche quest’anno, il Festival “Riviera dei cedri” ha confermato di aver raggiunto in pieno l’obiettivo principale che si propongono i suoi organizzatori, vale a dire la valorizzazione dei giovani talenti del nostro territorio.( Quotidiano 5 settembre 2007)

martedì 11 settembre 2007

La rivincita di Pilato

di Francesco Grosso

Non molto tempo fa, proprio su Controcorrente, mi sono occupato dell’assurda vicenda relativa a 27 migranti di nazionalità eritrea, abbandonati nel gran mare dell’indifferenza, lasciati tre giorni e due notti in compagnia dei tonni, in pieno Canale di Sicilia.
I 27 sventurati, superstiti di un precedente naufragio, si erano aggrappati alle gabbie per i tonni di un mercantile di passaggio, il «Budafel». Il capitano si era rifiutato di caricarli a bordo, perché non voleva compromettere il suo carico, e soprattutto perché non voleva noie di carattere legale con nessuna Capitaneria di porto. Non era affar mio, soccorrerli – ha ripetuto, sostanzialmente, ai giornalisti che nei giorni successivi alla vicenda (che per puro caso non si era conclusa con una ulteriore tragedia) lo hanno contattato. Le leggi internazionali, d’altronde, erano dalla sua parte: la qualifica di «clandestino» (che dà diritto al soccorso e all’assistenza) si acquisisce solo se si viene caricati a bordo, di una nave, non se si staziona nelle sue adiacenze. E poi, particolare non secondario, sbarcando i 27 naufraghi in un qualsiasi porto europeo, l’equipaggio correva il rischio di incorrere nel reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il confine fra «soccorritore lodevole» e «criminale favoreggiatore», per dirla tutta, è piuttosto labile e spesso lasciato alle interpretazioni dei singoli giudici. Una carenza legislativa foriera di fraintendimenti continui.
Commentando quanto avvenuto a poche miglia dalle coste della civile Europa, patria dei diritti umani e dell’Illuminismo, mi chiedevo quale tasso di cambio occorresse applicare ai 27 migranti rispetto ai tonni nelle gabbie; anzi mi chiedevo se non fosse più corretto considerare i 27 uomini, a tutti gli effetti, tonni. Per dare almeno un senso, un risvolto decoroso ad una vicenda tanto indecorosa, proponevo di utilizzare intelligentemente l’orrenda istantanea aerea che ritraeva gli uomini-tonno aggrappati alla loro disperazione di naufraghi. Proponevo, in sostanza, di eleggerla a immagine-simbolo della strage di uomini e sogni che quasi quotidianamente si consuma nel Mediterraneo – mare che per millenni ha unito opposte sponde, e che oggi pare divenuto un invalicabile muro, intollerante e crudele. Mi auguravo, infine, che il nome «Budafel» divenisse sinonimo di vergogna, solenne monumento all’egoismo e alla ferocia capitalistica dei nostri tempi. Auguravo a quel mercantile di continuare a vagare per il Mare di Mezzo come un abominio galleggiante, additato in tutti i porti come una specie di Nave dei Folli.
Tutto questo sostenevo e speravo, sbagliando. Sbagliavo perché il mio punto di vista era parziale, miope, non in sintonia coi tempi. Ero in errore, in grave errore, lo ammetto.
L’occasione per fare pubblica ammenda mi viene offerta dal caso, davvero esemplare, dei sette pescatori tunisini che attualmente scontano, nelle nostre carceri, la grave colpa di avere favorito l’immigrazione clandestina di 44 migranti di varie nazionalità (sudanese, etiope, eritrea).
Non avendo la possibilità di ascoltare dalla viva voce degli interessati (come è noto, in galera i contatti con l’esterno sono piuttosto difficili…) la loro versione dei fatti, possiamo provare a immaginare come siano andate le cose, lo scorso 8 agosto, nel Canale di Sicilia, in quel tratto di mare a 40 miglia da Lampedusa. Ispiriamoci a tante altre vicende analoghe, prendiamo in considerazione le testimonianze dei 44 naufraghi, pensiamo alle loro facce stravolte dal terrore e dagli stenti, teniamo sempre presente la sagoma sinistra del «Budafel», e poi abbandoniamoci alla fantasia.

Calda sera di agosto. Due pescherecci tunisini incrociano al limite delle acque territoriali italiane. A bordo, sette pescatori, lavoratori del mare. Lavoratori poveri del mare, gente semplice. Ad un certo punto il giovane del gruppo, che ha ottima vista, comincia a gridare:
– Guardate là, guardate là!
– Cosa c’è? Un altro banco di tonni?
– Macché tonni. Ci sono uomini, laggiù. Uomini in mare. Non sentite che gridano?
Sì, il Giovane ha ragione. Si sentono urla, si indovinano figure, là in fondo.
I due pescherecci fanno rotta verso l’insolito banco. A poco a poco cominciano a distinguersi i profili di una trentina di uomini, forse più, stipati su una carretta in via di ribaltamento. Ci sono anche delle donne. Arrivati a pochi metri dagli sventurati alla deriva, tutti e sette i pescatori hanno un sussulto. A bordo, in braccio ai genitori, ci sono pure due bambini piccoli.
– E adesso, che facciamo?
– Cosa possiamo fare, secondo voi? – dice il più vecchio del gruppo.
– Li carichiamo a bordo, no? Cos’altro possiamo fare? Li carichiamo e li sbarchiamo a Lampedusa, che è il porto più vicino.
– A Lampedusa? Sei matto? Vuoi finire nelle galere italiane?
– Non penserai mica di portarli con noi in Tunisia? Non vedi in che condizioni sono? Vuoi che quel bambino ti muoia a bordo?
– E il pesce? Come facciamo con il pesce che abbiamo pescato? In porto ci stanno già aspettando…
– Al diavolo il pesce! Questi sono uomini! – sentenzia il Vecchio, che sente su di sé una responsabilità particolare, adesso.
– È vero, sono uomini. E poi, non vedi? Sono neri, sono africani. Africani come noi.
– Questo non vuol dire nulla. Sono uomini, sono uomini e basta.
– Non possiamo lasciarli qui.
Già, non possiamo lasciarli qui. Sono uomini, questi 44 disperati che si sbracciano e ci chiedono aiuto nella grande sera mediterranea. Sono uomini, mica sono tonni. In breve, tutti i naufraghi vengono caricati a bordo delle due imbarcazioni, che iniziano a dirigersi verso Lampedusa.
Nel corso della traversata, il Vecchio guarda negli occhi i suoi compagni di lavoro. È fiero di loro, e sa che anche loro sono fieri di lui. Sa che più di uno sta pensando alle immutabili e non scritte leggi del mare, alle eterne leggi che regolano la convivenza umana. Sa bene di aver compiuto un gesto che non tutti compirebbero. Sono tempi crudeli, questi. Anche al loro porto sono arrivate notizie orribili, notizie che si stenta a credere vere: capitani che fanno finta di nulla, navi che tirano dritto, uomini e donne che annegano in mezzo all’indifferenza. Il Giovane, la faccia fiera di chi pensa di essere già un uomo, chiude gli occhi nella brezza serale, e pensa: «Ma come hanno fatto, quegli altri, se quelle storie sono vere, a non sentire le urla di persone come queste? Come hanno fatto ad allontanarsi, sapendo di stare condannando a morte degli innocenti? E il pianto dei bambini, non lo hanno sentito il pianto dei bambini?»
Le luci di Lampedusa si annunciano. Il Vecchio smette di parlare. Stava raccontando ai suoi compagni la storia di un uomo che per dieci anni ha vagato nel Mediterraneo, in cerca di approdo. E quanti naufragi, quanto dolore ha dovuto sopportare, lui. Anche un vecchio pescatore tunisino ha letto Omero, sì: chi ci autorizza a pensare il contrario?

Qui finisce l’idillio, signori. Finisce l’idillio e comincia la Legge. Cinque minuti dopo l’approdo, il Vecchio, il Giovane, i loro cinque compagni, sono stati arrestati con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Secondo le leggi italiane (e ovviamente anche secondo un giudice puntiglioso che le ha applicate come se lui non fosse altro che la semplice rotella di un ingranaggio immutabile) i sette pescatori sono equiparabili ai trafficanti di carne umana che sfruttano la disperazione dei migranti.
Non so né voglio sapere se l’espediente giuridico per chiarire questa vicenda esiste – non sono mai stato pratico di giudici e tribunali – e, magari per semplice negligenza, non sia stato applicato. Resta il fatto che i sette languono ancora in carcere, e ci resteranno almeno fino al 20 settembre, quando ad Agrigento si terrà una nuova udienza.
Il messaggio che una storia del genere consegna all’intera marineria del Mediterraneo è molto chiaro: Tirate dritto, sempre e comunque, naviganti. Uomini, donne, bambini, nelle carrette o già a bagnomaria… Qualsiasi scena si presenterà ai vostri occhi, tirate dritto, o incorrerete nel braccio fraudolento della Legge. Prendete esempio dal capitano del «Budafel», quello sì che ha saputo fare gli interessi suoi (e del suo armatore).
Tributato il giusto riconoscimento agli aguzzini del «Budafel», stabilito che il parametro di riferimento da utilizzare nel Canale di Sicilia è quello di Ponzio Pilato, resta da servire il benservito ai moralisti come me, ai sognatori come il Giovane e come il Vecchio. Ecco come hanno fatto tanti altri pescatori, Giovane: si sono fatti gli affari loro, perché sapevano che la salvezza di «quelli là» avrebbe comportato un mare di guai. E quanto a te, Vecchio: altro che ad Omero, alla propria pelle bisogna pensare! Alla tua età non l’hai ancora capito?
Turismo. L’Italia non riesce a valorizzare le sue risorse
di Vincenzo Gallo




L'Agenzia per l'attrazione degli investimenti in Libano ha pubblicato un elenco di progetti di investimenti per un valore di 200 milioni di dollari, relativi soprattutto al settore turistico.

Ciò a dimostrazione che è crescente il numero dei paesi emergenti che sono diventati più aggressivi sul mercato internazionale e si impegnano con successo ad attrarre capitali e flussi turistici nei loro territori.

D’altra parte da una recente indagine del CSC sull’andamento del settore turistico risulta che nel 1970 le prime 5 destinazioni mondiali per arrivi turistici, tra cui l’Italia risultava al primo posto, seguita da Canada, Francia, Spagna e Stati Uniti, attraevano complessivamente il 43% degli arrivi.

Questa quota di mercato nel 2006 si è ridotta al 33%.
Tra l’altro l’Italia non è più in testa, ma risulta al quinto posto, preceduta da Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina.

L’offerta ricettiva alberghiera nel mondo nel 2005 risultava pari a 18 milioni di stanze, di cui un quarto negli Stati Uniti, seguito da Giappone, Cina e Italia.

Se si considerano le variazioni del numero di stanze tra il 2000 e il 2005, i maggiori incrementi sono stati registrati in Egitto (+ 50%), in Cina (+40%), in Turchia (+33%), in Messico (+27%). Da sottolineare che la Spagna ha aumentato la sua offerta turistica del 18%, la Francia del 7%, l’Italia solo del 5,6%.

E’ da sottolineare che l’occupazione diretta e indiretta nel settore turistico rappresenta in Italia l’11,5% della forza lavoro, il 13,2% in Francia e il 20% in Spagna.
Dal 1995 al 2007 la percentuale si è mantenuta stabile in Italia ed ha subito i maggiori incrementi in Messico, in Portogallo, in Giappone e in Cina.

Nuovi paesi si stanno affermando, pertanto, come mete turistiche, rendendo meno attrattive aree con più antica tradizione turistica.

In questo contesto il peggioramento della posizione dell’Italia nella graduatoria delle destinazioni è allarmante, anche perché i suoi competitori tradizionali, come Francia e Spagna, hanno consolidato le loro posizioni.


Se si tiene conto del patrimonio naturale e culturale, che pure è uno dei punti di forza per il turismo del nostro paese, emerge che nonostante l’Italia vanti circa 8.400 km di costa, le aree marine protette considerate meritevoli di tutela sono solo 21 (pari al 7% delle coste).

L’Italia non eccelle, purtroppo, neppure in termini di qualità del mare.
Nel 2007 ha ottenuto 218 bandiere blu per la qualità delle spiagge e del mare e 54 per la qualità degli approdi turistici.

Un risultato del tutto insoddisfacente rispetto a quelli della Spagna e della Grecia, che hanno superato entrambe le 400 bandiere blu.

L’Italia risulta, inoltre, il primo paese al mondo, seguito dalla Spagna, per numero dei siti riconosciuti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità (ne conta 41 su 830).

E’ evidente, però, che non basta al nostro Paese la presenza di grandi risorse naturali e culturali per garantire un duraturo vantaggio competitivo, se poi non si è in grado di tutelarle e valorizzarle adeguatamente.

C’è necessità, pertanto, efficaci politiche non solo nazionali, ma anche locali, di marketing territoriale e di attrazione di investimenti e flussi turistici, che tengano maggiormente conto delle strategie della concorrenza.

lunedì 10 settembre 2007

Intervista ad Antonio Antonuccio
di Clelia Rovale

Unico regista cetrarese a essere premiato, questa sera, nel corso della III° edizione del Festival dei corti cinematografici “Riviera dei cedri”, organizzato, come sempre, dal Laboratorio sperimentale “Giovanni Losardo”.
Antonio Antonuccio ci parla dell’ultima opera, intitolata come una celebre canzone portata al successo da Gianni Morandi, “C’era un ragazzo che come me…”, che gli è valsa, appunto, l’ambito riconoscimento.
“Il corto di questa mia ultima fatica - ha, infatti, voluto sottolineare il giovane regista, già destinatario di altri importanti premi a livello regionale - è stato girato interamente a Cetraro, in particolare nella zona, molto suggestiva dal punto di vista naturalistico, del letto del fiume Aron. In questi luoghi, infatti, girando molte scene d’azione ispirate alla guerra in Vietnam, la stessa che ha ispirato la celebre canzone del titolo scelto, ho potuto ricreare una ambientazione coerente con le tematiche e le problematiche che volevo affrontare, quali l’inutilità della guerra e il fatto che, nonostante gli innumerevoli conflitti che nel corso dei secoli hanno insanguinato il mondo, gli uomini non hanno imparato nulla dalla storia e continuano, imperterriti, a seminare terrore e morte, provocando continue guerre con la loro sete di potere”.
Tematiche pacifiste, dunque, che, unitamente alla qualità delle scene che compongono il video, hanno impressionato positivamente la selezionata giuria, composta da esperti del settore, che ha, pertanto, decretato la vittoria di Antonio Antonuccio anche in questa terza edizione del festival “Riviera dei cedri”, dopo l’altro riconoscimento ricevuto lo scorso anno, per una altrettanto bella e valida opera. Sia l’opera dello scorso anno, che quest’ultima sono, infatti, espressioni e frutto della grande passione per il cinema che contraddistingue il regista cetrarese, passione favorita e supportata da un talento non comune, che, già da qualche anno, viene puntualmente premiato nelle varie manifestazioni in cui Antonuccio è presente.
Una delle principali finalità che il Laboratorio sperimentale “Giovanni Losardo” si propone di raggiungere, fin dalla sua nascita, è proprio quella di valorizzare e promuovere i giovani talenti del nostro territorio, qual è, appunto, Antonio Antonuccio. ( Quotidiano 29 agosto)