sabato 29 marzo 2008

La Riviera nello schermo

Un corso itinerante di formazione cinematografica finalizzato alla realizzazione del film “Cedri di Amante”.
E’ questa la nuova iniziativa formativa che il Laboratorio Sperimentale Giovanni Losardo ha avviato al fine di valorizzare i talenti della Riviera dei cedri.
Il progetto è stato presentato il 16 febbraio scorso a Diamante dal regista Daniele Cribari.
In queste settimane Cribari ha proceduto con i provini di selezione. L’attrice protagonista sarà Paola Casella.
Il progetto dovrebbe essere sostenuto da enti locali, sovracomunali, dal PON Sicurezza e da sponsor privati.
L’originalità del progetto è costituita dalla ricerca di nuovi linguaggi utili a valorizzare il patrimonio ambientale e culturale del territorio in un’ottica di turismo di qualità.
Il film sarà girato in Toscana ed in Calabria. I registi Daniele Cribari e Marco Raffaelli punteranno la cinepresa sui luoghi più belli della Riviera dei cedri e si avvarranno della collaborazione di talenti locali, che parteciperanno così attivamente alla realizzazione del film.
Donato è uno psicologo di Firenze, da sempre ha curato i suoi pazienti con dedizione e passione. Ultimamente però, riesce solo a pensare al lavoro come fonte di guadagno e si dimentica totalmente di quella che era la sua missione.
Un giorno scopre che la sua compagna lo tradisce con un altro uomo. Sconvolto per l’accaduto, chiede consiglio al suo parroco Don Giovanni e decide di accettare l’invito pressante del suo più caro amico Marco, ad andare con lui in Calabria per un servizio fotografico che gli è stato commissionato. Un viaggio all’insegna dell’amicizia e della commedia.
Arrivato in Calabria, Donato si imbatte per caso in una comunità socio-educativa che accoglie ragazzi provenienti da vari ambiti del disagio minorile, tra i quali dei bambini rom. Là, incontrerà per caso anche l'eccentrico Don Giovanni il parroco fiorentino in missione, che gli ha fatto da tutore quando era piccolo. Una gita in barca, la ex ragazza che richiama, un ristorante un po’folkloristico, riescono a mettere ancora più confusione in testa a Donato, che si trova obbligato a ripartire per Firenze, per rivedere la sua ex. Ma al ritorno in città …( Il Quotidiano 28 marzo)

Il cedro: tipicità da valorizzare

di Tiziana Ruffo

Il cedro è un prodotto tipico ed esclusivo del Tirreno cosentino, che merita la necessaria valorizzazione anche ai fini del rilancio dell’agricoltura d’eccellenza del territorio . In questa direzione un primo tassello potrebbe essere costituito dalla recente approvazione da parte della Regione dello Statuto Consortile del Cedro di Calabria, che ha sede nella stessa cittadina. Un primo passo questo, che tuttavia non può restare isolato se si vuole concretamente collocare tale prodotto tipico nel circuito del mercato globale. Allo stato attuale, ad ogni modo, non c’è da parte delle istituzioni la necessaria attenzione per una sua efficace valorizzazione: spesso i piccoli imprenditori non ricevono la necessaria assistenza e sono costretti a misurarsi con numerose difficoltà talvolta insormontabili. Giovanni Fazio, un attivissimo imprenditore agricolo (ha 80 anni ed è proprietario dell'unica area industriale dell'Alto Tirreno), tra mille difficoltà porta avanti la coltura del cedro da una vita e potrebbe potenziare il suo impegno in questa direzione in un contesto di rinnovata attenzione delle istituzioni sulle potenzialità di sviluppo del prodotto tipico calabrese: “la modernizzazione delle tecniche di coltura dell’agrume - ha dichiarato Fazio- richiede finanziamenti che sono indispensabili per agevolare il salto di qualità nell’organizzazione della produzione del cedro”. La coltivazione del Cedro e' molto delicata( i contadini dedicano alla coltivazione lavoro e sacrifici. D'inverno coprono la pianta con canne che vengono tolte in primavera e per rimuovere periodicamente il terreno devono stare inginocchiati per terra) e ha bisogno di un clima molto mite, d'acqua e di protezione dal vento e dal freddo. Per questo motivo la Calabria e' uno dei pochi posti al mondo dove il Cedro ha trovato un habitat ideale nell'esigua fascia che va da Tortora a Cetraro, sulla costa tirrenica, e in provincia di Reggio Calabria". Attualmente il principale utilizzo del Cedro e' nell'industria alimentare per la preparazione di canditi e sciroppi. I risultati ottenuti dagli studi condotti dall'equipe del prof. Menichini del dipartimento di scienze farmaceutiche dell'Universita' della Calabria, però hanno dimostrato come sia possibile prefigurare per il Cedro un impiego differente. Si tratta di risultati prestigiosi "Prospettive farmaceutiche – fanno sapere dall'ateneo - nel trattamento di malattie neurodegenerative che hanno riguardato l'impiego di estratti di Cedro nel trattamento di patologie quali il diabete ed il morbo di Alzheimer. Il cedro ha anche un valore sacrale: il Prof. Elio Toaff, Rabbino Capo della Comunità Israelita di Roma lo definisce "il frutto dell'albero più bello della mitologia ebraica". richiesto dagli Israeliti per la festa dei Tabernacoli e per le celebrazioni religiose:i rabbini, sacerdoti di comunità ebraiche vengono ogni anno sulla riviera, nel mese di luglio e agosto per raccogliere e controllare di persona i piccoli cedri, indispensabili per la "festa delle capanne", la sukkoth che cade nel mese di settembre e che è per gli Ebrei di tutto il mondo l'avvenimento religioso più importante dell'anno. Parlano del cedro, anche se genericamente, Aristotele, Plinio il vecchio ed altri e negli affreschi di alcune catacombe compare anche il frutto del cedro come simbolo di culto.( Gazzetta del Sud 27 marzo)

Cedri di Amante. Si gira

di Tiziana Ruffo

Su iniziativa del Laboratorio Giovanni Losardo, di concerto con la “Cribari film” di Firenze si dovrebbe realizzare un corso di formazione cinematografico itinerante finalizzato a valorizzare i talenti della Riviera dei cedri. Il prodotto finale di tale corso, che sarà tenuto dal regista Daniele Cribari, è la realizzazione del film “Cedri di Amante”. Il film è stato presentato nella città dei murales, in occasione della vetrina “corti d’animazione”, il 16 febbraio scorso. È stata già avviata la selezione per la scelta degli attori mentre la protagonista ha già un nome, si tratta di Paola Casella, un’attrice calabro-napoletana dai tratti tipicamente mediterranei. “Cedri di Amante”, ambientato tra Toscana e Calabria, si girerà nelle due regioni con particolare attenzione ai comuni della Riviera dei Cedri (ma la fascia d’interesse può essere estesa anche al Parco del Pollino) nel prossimo mese di giugno. Il regista sta perfezionando i rapporti con i vari enti, le varie istituzioni e gli sponsor per verificare il tipo di coinvolgimento attorno al prodotto filmico finale che rappresenta una novità in assoluto perché è un modo nuovo, attraverso un linguaggio nuovo di qualificare e di valorizzare le potenzialità turistiche e culturali dell’intera Riviera dei cedri. Il film, infatti, potrebbe essere sponsorizzato da enti locali , Provincia, Regione Calabria, Pon sicurezza e da sponsor privati. ( Gazzetta del Sud 27 marzo)

Un pittore fiammingo sul Tirreno Cosentino

di Carlo Andreoli


Fra tanti artisti che hanno lasciato loro opere sul Tirreno Cosentino, si segnala un fiammingo che, nato ad Amsterdam verso il 1543, visse a Napoli per gran parte della sua vita: si tratta di Dirck Hendricksz, noto pure alle cronache d’arte come Teodoro d’Errico il Fiammingo.
Sceso a Napoli verso il 1570, egli s’unì alla folta schiera di pittori fiamminghi che aveva allora nella bottega di Cornelis Smet un luogo comune di riferimento. E fondendo il gusto nordico ai modi dominanti del tardo-manierismo napoletano, si forgiò uno stile proprio che gli consentì di lavorare, per 40 anni circa, per chiese e confraternite di varie parti del Regno. Sicché di lui si trovano in Calabria molte opere: buona parte delle quali concentrate proprio sul Tirreno Cosentino. E valga a dimostrarlo il breve elenco che, tra lavori certi e attribuzioni, ne segnala il passaggio qui da noi.
Ad Aieta, nella chiesa di S. Maria della Visitazione è, ad esempio, una tavola della “Madonna del Carmelo” che viene d’ordinario attribuita al Fiammingo.
Come pure a Scalea, nella chiesa di S. Nicola in Plateis, è un dipinto di “S. Antonio da Padova” che molti autori riportano a Dirck Hendricksz. Raffigura il Santo in piedi, su uno sfondo paesistico; e nella base ha tre riquadri interessanti con “Storie della Vita del Santo”.
A Bonifati, poi, la chiesa del Calvario custodisce un “Cristo portacroce tra i SS. Pietro e Paolo” che è quasi certamente opera sua. Le due figure degli apostoli hanno, infatti, singolari analogie iconografiche coi SS. Pietro e Paolo della chiesa di S. Michele di Potenza, che gli viene attribuita con una qualche sicurezza.
Ed a Paola si contano tre opere assegnabili al Fiammingo. Nel Duomo, una “Presentazione al Tempio” ch’era parte centrale d’un polittico smembrato. Nella chiesa gesuita del Rosario, una “Madonna della Purità”; splendido tondo che s’aggiunge ad altri tre esemplari del medesimo soggetto presenti a Cassano Ionio, Rende e Catanzaro. E nel Santuario di Paola, proprio sull’altare della Cappella del Santo, un “S. Francesco d’Assisi” che deriva forse dal medesimo polittico del Duomo di Paola.
A Longobardi, infine, nella chiesa di Santa Domenica, una “Madonna col Bambino in gloria e Santi” qualifica il suo tributo di stile alla maniera di Federico Barocci, caposcuola di quell’arte italiana che anticipa il barocco.
Ci sarebbe quanto basta per organizzare, insomma, una mostra di soli suoi dipinti presenti sul Tirreno Cosentino; e vedere radunata molta parte del suo percorso artistico.
Come ricorda il De Dominici, che scrisse del Fiammingo una biografia nel 1743, dopo una lunga infermità in cui fu preso da ricorrenti dolori colici acuiti dalla sua predilezione per una vita dissipata, egli si spense in patria, ad Amsterdam, nel novembre del 1618. Lasciando che il figlio Luca, anche lui pittore, portasse a termine le opere incompiute.
Un lascito importante le sue opere, che fanno intravedere come un nordico di fine ‘500 abbia assorbito gli umori della pittura napoletana manierista, per sortire un impasto raffinato e originale. Un lascito che le chiese del Tirreno Cosentino custodiscono con dovizia d’esemplari; e che merita un dovuto apprezzamento per tracciare quell’ideale percorso delle arti che s’è sviluppato nel tempo sulla nostra riviera.


Radio1One
(Venerdì 28 Marzo 2008)

sabato 22 marzo 2008

OLTRE I COMUNI, VERSO IL COMPRENSORIO

di Carlo Andreoli

Da circa tre mesi collaboro a Radio One: emittente radiofonica del Tirreno Cosentino diretta da Eugenio Orrico e che ha in Tiziana Ruffo la sua anima dinamica e brillante. A Radio One, che trasmette da Scalea, conduco al venerdì una rubrica che si propone d’illustrare il panorama culturale dei paesi che s’affacciano sulla nostra costa: da Amantea fino a Praia a Mare. E proprio in seguito a questa semplice esperienza di lavoro, ho avuto modo di verificare come per discorrere, in maniera propria, del nostro panorama culturale, si debba giocoforza uscire dagli stretti limiti d’ogni singolo paese per guadagnare almeno una visione che possa dirsi comprensoriale. Propria cioè d’un territorio che si proponga, per le sue caratteristiche, come un insieme dotato d’una sua fisionomia: e che sia tale, quindi, da renderlo unico tra tanti per la sua tipicità.
Ora mi pare che la mia esperienza personale offra lo spunto per una riflessione di più ampio raggio. Se non sia il caso, ovverosia, di cessare di riflettere e pensare con un criterio limitato ai vincoli del proprio municipio; per intendere viceversa che siamo tutti abitatori d’uno spazio più vasto e articolato, di cui dovremmo farci carico: quello appunto della nostra riviera che diventa così vero luogo ideale d’appartenenza e di scambio.
Il profitto psicologico che potrebbe trarsi da una simile apertura appare senz’altro stimolante: il proprio orizzonte di vita non si chiude più alle colonne d’Ercole dei confini paesani ma s’estende a un ambiente ricco e multiforme; il mercato del lavoro non coincide più con la piazza del paese ma s’apre a prospettive assai più estese; persino le opportunità di svago non s’esauriscono più nell’offerta locale ma fruiscono d’occasioni le più varie. Insomma, basta uscire con la mente dai confini angusti d’ogni singolo paese per capire che la dimensione offerta da un ambito comprensoriale sia già più promettente dell’ordinario; ed in maniera tale da renderne apprezzabile la sola prospettiva.
Nel suo risvolto pratico, questo atteggiamento non vuole certo denegare la funzione dei singoli comuni: l’ente comunale sarà sempre portatore delle esigenze della sua popolazione. Importa solo che ogni autorità locale non sia sorda o cieca rispetto a quel che accade già sul limitare dei propri confini; e che agisca in sinergia con le altre realtà locali in maniera tale da procedere secondo un piano concertato che possa dare beneficio all’intero comprensorio.
Che sia stato l’ambiente culturale ad avvertire per primo questa necessità impellente d’allargamento dei confini non appare certo un caso. Il “Laboratorio Sperimentale G. Losardo”, ad esempio, pur avendo sede a Cetraro, opera ormai da tempo su tutto il territorio; dando luogo ad una serie d’eventi che sono fruiti in vari centri, per divenire quindi una risorsa dell’intera riviera. Così come la schiera multiforme dell’associazionismo giovanile ha imboccato ormai da tempo la stessa strada: la “Consulta dei Giovani del Tirreno Cosentino”, l’Associazione PromoForm che orienta gli studenti nel campo universitario e vari Forum giovanili insistono ormai decisamente sopra un ambito di tipo comprensoriale. E le stesse organizzazioni di partito, già cristallizzate nelle sezioni comunali, oggi s’orientano verso uno schema più complesso che tenda a ritrovare nell’assetto di zona una forma più aderente alle esigenze attuali.
Insomma, pare che al modello statico delle tante realtà locali vada sostituendosi per grado il modello dinamico della società comprensoriale. Anche perché talune problematiche come la gestione del territorio, la valorizzazione dei beni culturali, la tutela dell’ambiente, la salvaguardia dei posti di lavoro, la sperimentazione di nuove forme di mercato necessitano oramai d’una base territoriale di confronto ben più ampia di quella offerta dai singoli comuni.
Ben venga, dunque, il comprensorio; che dilata gli orizzonti e suscita fervore in tanti giovani talenti; che produce nuove idee per il rilancio d’una zona ancora d’alto pregio; che vede, infine, nei singoli comuni della nostra costa le tessere variegate che ricompongono il mosaico, avvincente e colorato, del Tirreno Cosentino.

Tratto da Pro Loco, Anno XI, n. 1

Galeazzo di Tarsia: poeta e barone di Belmonte

di Carlo Andreoli


La più alta espressione letteraria del Tirreno Cosentino è ravvisabile senz’altro in Galeazzo di Tarsia; che, nato a Napoli nel 1520, visse poi per tutta la sua vita a Belmonte; dove fu spietato despota fino alla sua morte, sopraggiunta nel 1553, quand’egli aveva ancora 33 anni. Avvertiamo subito, infatti, che la personalità complessa di Galeazzo di Tarsia si connota per un duplice suo aspetto: di poeta, capace della lirica più pura e ardimentosa del nostro ‘500; e di barone truce e violento, che vessò i propri sudditi colle più atroci angherie.
Divenuto barone di Belmonte a 10 anni, dopo la morte del padre, Galeazzo fu avviato dai parenti agli studi umanistici nella Cosenza di Parrasio, di Coriolano Martirano e di Francesco Franchini: solo per citare le cime alte della cultura cosentina di quei tempi. Ed in quell’ambiente dovette assumere gli umori d’una poetica volta al petrarchismo; cui seppe però dare un’impronta personale: forgiandosi uno stile, aspro e stringato, che molto piacque non solo a un secentista, come Gian Battista Basile, che per primo diede alle stampe le sue Rime; ma pure ad uno spirito inquieto come il Foscolo che molto l’apprezzò, fino a prendere in prestito suoi versi. E tema centrale di tutte le sue Rime fu l’Amore: inteso come forza universale che sola informa l’esistenza. Un amore che Galeazzo sperimentò, a 18 anni, sotto specie d’ideale; frequentando, a Napoli, il cenacolo di Vittoria Colonna. E sposando, a 23 anni, Camilla Carafa; che fu invece la conquista terrena dell’amore che lo preservò dagli eccessi del suo temperamento. Ma asserragliato nel castello di Belmonte e capeggiando una masnada che contava pure i suoi fratelli, Cola Francesco e Tiberio, Galeazzo continuò a dividere la sua vissuta attività poetica colle soverchierie inflitte ai suoi vassalli. Tanto che questi rivoltatisi lo denunciarono alla Suprema Corte della Vicaria in Napoli; che nel 1547 prima recluse Galeazzo nelle Carceri di Castel Capuano per poi mandarlo a Lipari in confino. La sentenza di condanna descrisse orribili torture che il barone di Belmonte dispensava alla sua gente; che ne fanno un motivo di contrasto, ancora oggi inesplicato, con l’elevatezza del suo animo. Ma il suo impeto irruento non trovava requie; se, tornato libero a Belmonte dopo un anno e mezzo, prima si vendicò dei suoi testi d’accusa e dopo si diede a scorrerie, assieme alla sua banda, in danno della confinante cittadina d’Amantea. Fu allora che il Vicerè di Napoli, Don Pedro de Toledo, gli mise alle calcagne un regio commissario per riportare in quei luoghi l’osservanza della legge. Galeazzo fu rinchiuso nuovamente nelle Carceri di Napoli, mentre sua moglie moriva prematura nel castello di Belmonte. E nel 1551 fu ancora relegato nell’isola di Lipari; dove uscì graziato, l’anno dopo, per prendere parte, a Siena, ad una guerra in favore degli Asburgo. Ma fatto ritorno in Calabria, nel 1553, fu assassinato a Belmonte in un agguato tesogli forse da due vittime delle sue tante efferatezze. Un delitto che ancora oggi rimane oscuro; come oscura appare la personalità d’un uomo, che riusciva ad essere insieme eletto e sanguinario. Un uomo, la cui vita, come osservò Benedetto Croce, non ci dice tutto quello che agitava il suo animo e che solo s’avverte nei suoi versi.

Radio1One
(Venerdì 21 Marzo 2008)

sabato 15 marzo 2008

PREMIO LABORATORIO LOSARDO

Il Premio di giornalismo, cinema ed impegno sociale per la legalità è stato istituito dal Laboratorio il 3 agosto 2003 in memoria di Giovanni Losardo, assassinato dalla mafia il 21 giugno 1980.


Prima edizione 6 maggio 2004

Premio al giornalista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella.
Premio sezione Giornalismo a : Giuseppe Soluri ed Arcangelo Badolati.
Premio sezione impegno sociale per la legalità a : Donatella Laudadio e Luciano D’Emmanuele

Seconda edizione 11 dicembre 2004

Premio al regista Mimmo Calopresti
Premio sezione Cinema a : Nicola Longo e Giuseppe Francone
La sezione Cinema negli anni successivi è stata inclusa nella Rassegna Internazionale del Cinema Il fiore di ogni dove.


Terza edizione 25 giugno 2005

Premio al giornalista RAI Sandro Ruotolo
Premio sezione Giornalismo a : Pino Nano
Premio sezione impegno sociale per la legalità a : Eugenio Facciola, Doris Lo Moro, Aurora Cilento e Nicola Adamo.

Quarta edizione 21 ottobre 2006

Premio al viceministro Marco Minniti
Premio sezione Giornalismo a : Luciana de Luca, Annarosa Macrì e Filippo Veltri
Premio sezione impegno sociale per la legalità a : Italo Garrafa, Domenico Fiordalisi, Filippo Callipo e suor Carolina Iavazzo

Quinta edizione 24 giugno 2007

Premio a Mons. Giancarlo Maria Bregantini e a Luciano Violante
Premio sezione Giornalismo a : Pantaleone Sergi
Premio sezione impegno sociale per la legalità a : Giovanni Spinosa, Paolo Scognamiglio e Maria Luisa Arienzo

La sesta edizione si svolgerà il 29 Maggio alle ore 18.00 al Cinema Vittoria di Diamante. Prevede la consegna del Cristo d’argento, simbolo antimafia raffigurante il sacrificio di Losardo, al sociologo Pino Arlacchi per la nuova edizione del volume La mafia imprenditrice; al giornalista Antonio Nicaso e al magistrato Nicola Gratteri per il volume Fratelli di sangue e al giornalista Arcangelo Badolati per il volume ‘Ndrangheta eversiva.
Il premio sezione Giornalismo sarà consegnato a Pietro Melia e a Cristina Vercillo.
Il Premio sezione impegno sociale per la legalità sarà consegnato al magistrato Alfredo Cosenza e al sindaco di Lamezia Terme Gianni Speranza.

Pittura bizantina del Tirreno Cosentino

di Carlo Andreoli


Nel campo della pittura bizantina, il Tirreno Cosentino ha due esempi di notevole interesse a Paola e Scalea.
A Paola, in contrada Gaudimare, si trova la Chiesa di Sotterra, che risale circa alla fine del IX secolo. Allorquando cioè il generale di Bisanzio, Niceforo Foca, tolse ai Longobardi la Calabria, che ridivenne quindi una Provincia dell’Impero. Ed i monaci basiliani di Sicilia, pressati dall’avanzata musulmana, si rifugiarono nella parte superiore di Calabria, dando luogo all’Eparchia del Mercurion. Fu allora che prese piede qui da noi una cultura artistica orientale di cui la Chiesa di Sotterra risulta essere uno dei più antichi monumenti. Scoperta casualmente nel 1876, essa doveva essere, in origine, un luogo di culto paleo-cristiano, che i basiliani adattarono a santuario immettendovi apporti originali. Nel vano rettangolare dell’aula, si nota infatti lungo la parete curva dell’abside un affresco, risalente proprio all’arte basiliana, che rappresenta forse un’Ascensione. Nel registro superiore, pressoché perduto, doveva figurare un Cristo in una mandorla di luce; mentre l’inferiore conserva ancora oggi una Vergine attorniata dagli Apostoli d’austera nobiltà di forme. Nel prosieguo, il luogo sacro fu forse amministrato dai monaci benedettini del vicino Priorato di S. Michele. Dato che al loro repertorio iconografico del ‘300 può essere ascritta la coppia dell’Annunciazione che figura sui piedritti che inquadrano l’esedra absidale: un Angelo nunziante, con le ali spiegate e le braccia incrociate sopra il petto che serrano una stola svolazzante; ed una Vergine annunciata che si chiude pudica nel suo manto, sullo sfondo d’un drappo ornato di geometrie cosmatesche. Ed al medesimo orizzonte culturale si può pure assegnare un altro affresco; posto su un altare laterale che doveva fungere da protesi, luogo di custodia del pane e del vino. E rappresenta tale affresco una Madonna che allatta il Bambino, cui s’accosta la presenza simbolica d’una melagrana; ed un Santo monaco, identificabile forse in S. Basilio. Un complesso, insomma, d’indubbio valore artistico che racchiude in tre cicli di pittura un campionario d’evoluzione storica della cultura figurativa locale.
A Scalea, nella Chiesa dello Spedale, si ritrova invece una fase più evoluta dell’arte bizantina. Quando cioè essendo subentrato, nel secolo XI, il dominio normanno, si tese a interpretare il formulario bizantino quasi come “istrumentum regni” del nuovo regime; dando adito ad un repertorio fisso e già tutto consegnato nelle forme che s’espresse in uno stile ieratico e composto. Collocata nella parte alta dell’abitato di Scalea, la chiesa fu scoperta, ancora una volta casualmente, nel 1967; quando tra calcinacci e ruderi di mura emerse d’incanto tutta una serie d’affreschi di brillante cromia che rivelò volti scavati di santi ed iscrizioni antiche. L’attributo di “spedale” farebbe pensare all’uso basiliano di ricevere in un luogo sacro malati e pellegrini; ma forse tale titolo è solo invalso di recente. Come recente è pure la copertura in legno che oggi protegge l’invaso della nave absidata, nel cui incavo spicca una triade di santi, e del vano adiacente. Lasciando in chi vi entra l’impressione di trovarsi in uno spazio senza tempo, dove il fascino emotivo prevarica la concentrazione estetica sui dipinti parietali.
Due esempi di pittura bizantina, dunque, che s’assommano al patrimonio d’arte della nostra riviera; mostrando come essa sia ricca di risorse che si snodano lungo un arco molto ampio di storia e di cultura.


Radio1One
(Venerdì 14 Marzo 2008)

sabato 8 marzo 2008

Università in radio

Accorciare le distanze tra l’Università ed i territori e favorire un circuito comunicativo efficace, avvalendosi della collaborazione di emittenti territoriali.
Sono questi gli obiettivi che si propone il progetto Università in radio, promosso dall’associazione di Cetraro Prom e Form, sportello d’orientamento universitario.
Ormai da qualche mese è operativa la collaborazione tra l’UNICAL e Radio One di Scalea, che trasmette ogni lunedì interviste a docenti universitari riguardanti i corsi di formazione programmati e tenuti dall’UNICAL.
“Ritengo, ha detto il presidente della Prom e Form Giuseppe Maritato che la via intrapresa dal progetto Università in radio sia particolarmente efficace ai fini di far conoscere ai giovani le opportunità formative che potrebbero essere colte con l’obiettivo di migliorare le competenze di tanti giovani universitari. Nel mondo contemporaneo è decisivo appropriarsi delle conoscenze e dei saperi, puntando ad una formazione eccellente, che consente di partecipare in modo competitivo alle nuove sfide e alle nuove esigenze del mercato del lavoro di qualità”.