giovedì 21 agosto 2008

In Calabria golf gratis ad altissimi livelli



CETRARO (COSENZA) - Piccoli golfisti crescono. E lo fanno guidati da alcuni dei più importanti professionisti italiani. È iniziata lunedì scorso e si è chiusa giovedì 21 agosto la quarta edizione del Corso Fig Calabria organizzato dal Golf Club San Michele, guidato dal presidente Giorgio Petracca e dal delegato regionale della federazione italiana golf Mario Marra.


Quaranta ragazzi di età compresa tra i 5 e i 18 anni provenienti da tutta la Calabria e dalla Sicilia si sono alternati tra campo pratica, pitching green e putting green del campo cetrarese per tirare i primi colpi oppure migliorare il proprio gioco. A seguirli uno staff di maestri di prestigio, composto da Roberto Bernardini, grande campione degli anni Sessanta e Settanta, attualmente maestro del prestigioso Golf Club Acquasanta di Roma, Marco Bernardini, di recente vincitore del 69esimo Campionato nazionale open all’Argentario Golf Resort, Luca Bernardini, maestro del Golf Club Acquasanta, Gaetano Macciocchi, primo maestro del Golf Club Ferrara, Gianluca Crespi, responsabile della federazione italiana golf per le attività giovanili, e Giuseppe Marra, primo maestro del Golf Club le Madonie di Cefalù, in provincia di Palermo. Al corso ha partecipato anche la campionessa italiana under 12 Ludovica Farina.


La kermesse golfistica cetrarese, completamente gratuita, ha avuto un’appendice venerdì mattina con la gara giovanile valida per il ranking nazionale, seguita nel pomeriggio dalla ProAm, torneo finale aperto a tutti i ragazzi che hanno partecipato al corso. La formula prevede team composti da un professionista e tre dilettanti.


“Il golf – spiega Mario Marra, delegato regionale calabrese della Fig – è una disciplina sportiva molto indicata per i giovani. Li aiuta a sviluppare un rapporto positivo con l’ambiente circostante e permette loro di allenare la mente, oltre che il fisico. Il golf è uno sport fatto di tecnica e di resistenza, certo, ma anche di grande capacità di concentrazione e di autocontrollo. Aspetti fondamentali per la formazione dei più piccoli dentro e fuori dai green. Anche per questo abbiamo voluto dare ai giovani calabresi in particolare, ma anche agli ospiti siciliani, l’opportunità di essere seguiti gratuitamente da alcuni dei più importanti maestri di golf italiani. Per loro è stata un’occasione davvero unica”.


In questo lembo di Calabria tirrenica si viene per mille motivi. Per gli spettacolari tramonti rossi dietro la torre di Rienzo. Per passare in appena 10 minuti dalla battigia del mare di Lampetia al bordo del Lago dei due uomini, lassù in montagna. Per scoprire sapori forti. Ma in pochi sanno che si può venire anche per giocare a golf. Il campo del Club San Michele è un nove buche par 35 (il numero di colpi ideale per concludere il giro) lungo 2.564 metri, con tante insidie, in grado di impegnare anche i più bravi. “Da qualche anno – spiega ancora Marra – il golf è diventato un importante volano di crescita turistica per molti Paesi europei, ma anche africani. Spagna e Marocco, ad esempio, stanno costruendo attorno ai green una remunerativa industria turistica. In Calabria ancora non siamo ancora riusciti a comprendere appieno le potenzialità di questo sport che mette insieme vita all’aria aperta, attività fisica e qualità della vita”. Un monito, più che un invito, per la classe dirigente calabrese, politica ma non solo.


La stagione 2008 del Golf Club San Michele non finiscono qui. Il programma di iniziative e di eventi è ancora molto ricco. Il circolo è attivo dal 1982 e conta attualmente su 120 soci circa, di cui una trentina sono giovani e giovanissimi che pagano una quota simbolica.

mercoledì 20 agosto 2008

Inciampano su Ciampa

di Giorgio Franco

A Cetraro, terzo piano Palazzo del trono, ha esposto Marcello Ciampa, pittore di lungo corso, che ha utilizzato i colori e la tela per stabilire un contatto con la realtà che reclama con insofferenza sollecite risposte. Il tema delle nuove produzioni ha per titolo “il pentito” e la tela cui esso fa da riferimento troneggia nella parte centrale della mostra con un emblematico volto umano illuminato in una sola parte di esso da un fascio di luce che ne evidenzia mento, labbra, naso e guancia sinistra; un occhio solo vede e una parte della calotta cranica è avvolta in un informe cappuccio che deforma i lineamenti della persona e le linee del dipinto. Si pente chi vede solo una parte del tutto? E’ il “pentito” avvolto in una fascia che ne impedisce l’evidenziazione del creato? Rappresenta il quadro chi oramai ha visto ed inteso e vedrà ancora di più, mano a mano che il fascio di luce lo illuminerà?
Da questi interrogativi Ciampa passa a dare forma artistica ad una visione originale ed emozionante del vivere, e forse convivere con il creato.
Ogni tela ha un titolo: la scelta dell’artista è in linea con chi ha voluto indicare alle sue opere strade e percorsi interpretativi che ad una lettura immediata sarebbero sfuggiti: titolare le proprie creazioni significa per un artista offrir loro una vita che non si circoscriva all’immediato, ma aspira a varcare i limiti spazio-temporali. Il particolare che diventa emblematico di un intero progetto e ne enfatizza oltre che limitarne l’estensione, si nota in “jeans”, “ciotola”, “aquilone”, “lume di strada”, “tacco mortale”. L’artista parte da un elemento per allargare la contaminazione al tutto ed inserirla in quella ricerca d’assoluto che l’accoppiamento cromatico, la proporzionalità dei volumi, le ansie di risposta, gli impongono. Quando la tematica si indirizza sul soggetto umano, “la sposa”, “l’imperatrice”, “lo sposo”, “indifesa”, “marylin”, l’elemento antropologico diviene pre-testo per indagini ed esami che conducano attraverso la stratificazione delle forme mediante cubi-fasci di luce-accoppiamenti cromatici, ad un’identificazione inconsueta e straniante: le pallettes della sposa, la cravatta dello sposo, la parte superiore del viso di Marylin, il ventre ingravidato dell’indifesa, costituiscono elementi di avvio, cui seguono divagazioni, ammiccamenti, missaggi, che danno il segno del valore creativo di questo pittore non adeguatamente valorizzato del nostro territorio. Un settore altamente significativo della mostra raccoglie un’autoanalisi del pittore, consapevole che le armi di cui dispone e che gli servono per trascrivere la realtà, sono di legno, come al legno si è dedicata gran parte della sua produzione del recente passato; bello è quel filo di lana che non riesce ad assurgere a sagoma umana o quel “fiori di campo” che, sradicato dall’anonimato della sua esistenza, formalizza una bellezza virginale osannata da una coreografia di giallo, la quale, dosata con perizia e abilità dall’artista, riesce a garantire un’aria aurorale e mistica alla creatura femminile. C’è infine “bitume”, un’opera che sintetizza il lungo processo che ha portato l’artista all’allestimento della mostra: la lezione del Cubismo che ha utilizzato geometrie cromatiche triangolari per evidenziare le nuove prospettive dello sguardo cui ci ha abituato Picasso, la lezione di Dalì che ricorre alla convivenza inedita tra oggetti e loro periferie dilatate da cromatismi inesplorati. Non manca la carnalità delle icone religiose, che hanno restituito al sacro la sua vera dimensione terrena, desunta dai vangeli apocrifi e giunta a noi attraverso una lunga tradizione culturale che vede la Yourcenar accanto a Fo, entrambi premi Nobel : essa si collega ad un Cristianesimo umanistico che ha registrato nei secoli la presenza di grandi figure di intellettuali, insoddisfatte del diaframma frapposto dalle gerarchie secolari tra l’umano ed il divino, tra una Maria, come ci hanno spiegato i Mariologi, sull’orlo di una lapidazione per il suo ventre ingravidato ed una Maria eterea e celestiale, figura angelica che supera la sua terreneità, senza però negarla. Ciampa si è cimentato coraggiosamente con tale problematica, non dimentico della lezione del Caravaggio, che, per umanizzare le sue eroine, osannate e santificate da una Chiesa postridentina che le aveva, però, sradicate da un contesto di umanità sofferente e vitale, ne contornò lineamenti ed atteggiamenti copiandoli da modelle “plebee”. La mostra di Ciampa è un ulteriore tassello da incastonare nella ricerca cui l’artista si sta dedicando per scoprire ed evidenziare una realtà che non è facilmente decifrabile a causa della sua misteriosa complessità. E’ riuscito il pittore cetrarese a semplificare l’inestricabile? Lui ha lanciato una pietra nello stagno, ha abbozzato un sentiero, resta a chi legge-visita-fruisce, rispondere- argomentare-collegarsi. Se oggi ha senso creare-produrre-inventare scoprire, forse la via giusta è quella della provocazione innovativa. Perché altri raccolgano il testimone. Altrimenti è silenzio.( Calabria Ora 20 agosto 2008)

lunedì 18 agosto 2008

UN FUTURO RICCO DI DONI

Brevi riflessioni a margine del libro di Luigi Leporini “Non c’era una volta”
di Rosa Randazzo



La globalizzazione.Circolano liberamente merci e denaro, persone, progetti di vita, anime e cuori.
Il denaro circola sui fili del cyberspazio, un non luogo, arricchisce i pochi, impoverisce i più.
Le persone circolano liberamene sui luoghi e i luoghi perdono. Perdono i luoghi della loro terra, della loro città, del loro paese, del loro villaggio, della loro capanna, del loro grattacielo, dell’appartamento nel loro condominio…
I luoghi e i profumi dell’infanzia, che ti rimangono attaccati alla pelle per sempre e che rendono i luoghi riconoscibili, riconoscibili gli odori, riconoscibili i momenti di gioia e di dolore, i momenti feriali e quelli festivi, riconoscibile il mutare dei luoghi e delle persone, dei profumi e degli eventi.
Lo smarrimento del luogo, del genius loci di latina memoria, è lo smarrimento dell’uomo e della sua identità.
La globalizzazione non si può fermare, non si può dire ‘fermate il mondo voglio scendere’.
Bisogna neutralizzarla.
Chi ha smarrito i propri luoghi,deve cogliere, deve appropriarsi dei luoghi che lo accolgono,deve sentire lo spirito dei luoghi se non vuole perdersi, deve annodare i fili che legano l’uomo all’ambiente, agli odori, ai ricordi dei luoghi che l’accolgono. Deve rubarli. Deve divenire ladro, ladro dei luoghi, se non vuole smarrirsi.
L’ho letto tutto d’un fiato il libro di Luigi Leporini. Io, “forestiera” a Cetraro, l’ho accolto come un dono. L’autore mi ha offerto lo spirito dei luoghi attraverso pagine scritte con un linguaggio agile e piacevole, senza ricercatezze forzate.
Sono i luoghi che da più di 30 anni sono anche i miei e che non possiedo pienamente perché i miei luoghi, i luoghi della mia infanzia sono altrove. Sono altrove i luoghi che ti rimangono attaccati addosso come una seconda pelle.
E’ un diario avventuroso quello di Leporini, un diario nudo ma non distaccato di un passato che continua nel presente, di un tempo che altalena tra passato e presente.
Rappresentazioni frescamente epiche, confessioni sincere e talvolta demitizzanti di eventi, di istituzioni e di persone che Cetraro e il Leporini stesso, per certi versi hanno mitizzato.
Un passato non idealizzato, non un eden perduto in cui rifugiarsi e in cui arroccarsi ma un luogo della memoria da restituire al presente perché sull’ieri e sull’oggi si costruisca il futuro. Un futuro ricco di doni, è la speranza dell’autore, che non cade mai in maniera stucchevole nel rimpianto per il passato, ma che del passato coglie il bene ed il male, il bello ed il brutto.
Hanno preso vita davanti ai miei occhi figure ben delineate di uomini e donne, poveri e ricchi, padri di uomini e di donne che oggi ben conosciamo, figure di amici e colleghi fotografati dal punto di vista dell’autore ma che sono documenti di un’epoca, di un pezzo di storia di Cetraro, in un determinato momento della Storia.
Ed ecco che saporite e fresche rappresentazioni parlano di incontri proficui tra giovanetti ed adulti, di avventure giovanili, di insegnanti ammirati ma non idealizzati, anzi colti nelle loro debolezze, di oggetti quotidiani che sono parte della vita pulsante delle famiglie, non freddi oggetti estranei ed estranianti, simbolo dell'alienazione delle nostre case sempre più asettiche, sempre più isole, e di rapporti umani sempre più sfilacciati.

domenica 10 agosto 2008

Cinema in Riviera

Il 22 agosto alle ore 21.00 a Cetraro nei giardini di Palazzo Del Trono si svolgerà la quarta edizione del Festival dei corti Riviera dei Cedri.
Nel corso della serata, coordinata da Mirella Mannarino, saranno conferiti riconoscimenti speciali all’Istituto comprensivo di Castel Maggiore per il corto Vero coraggio, all’AIAS sezione di Cetraro e al regista Daniele Cribari per il mediometraggio Cosenza 228\2003, al regista Francesco Tricoli per il corto Il battito del perdono e al regista Daniele Maltese per il corto La nebbia.
Saranno proiettati in anteprima tre corti di animazione stranieri in concorso al Premio Simona Gesmundo, che si terrà il 25 ottobre a Cetraro.
Sono previsti gli interventi del sindaco di Cetraro Giuseppe Aieta, del presidente del Laboratorio Losardo Gaetano Bencivinni e dell’assessore provinciale di Cosenza Rachele Grosso Ciponte.