lunedì 26 maggio 2008

Premio Losardo Laboratorio 2003. La bellezza della legalità

di Marta Perrotta

Hanno storie diverse, strutture diverse, perfino nomi diversi. Ma un unico obiettivo: quello di trasmettere in positivo alle nuove generazioni l’esempio di Giannino Losardo, l’assessore comunista ucciso dalla mafia nel 1980. Quest’anno, per la prima volta nella storia cittadina, Cetraro ricorderà per ben due volte la figura di quell’uomo caduto a causa della sua inflessibilità di fronte alla prepotenza della malavita organizzata, con due distinte rassegne a premi che si richiamano esplicitamente alla sua memoria. La prima, che si terrà a Diamante il 29 maggio, è stata curata dal Laboratorio Sperimentale “Giovanni Losardo”; la seconda, che costituisce un atteso ritorno, è organizzata dal consiglio comunale cetrarese, che riprende dopo nove anni di black-out una tradizione inaugurata nel 1984 e interrotta nel 1999, dopo sette edizioni.
«In una zona arretrata come la nostra, le iniziative in memoria di Giannino Losardo sono sempre poche - ha commentato Gaetano Bencivinni, presidente del Laboratorio e artefice del premio “Losardo Laboratorio 2003” - Il nostro obiettivo è quello di trasmettere alle nuove generazioni il gusto per la bellezza della legalità. Le nostre iniziative sono volte a valorizzare il patrimonio culturale legato alla figura di Losardo. E naturalmente condividiamo tutto ciò che si inserisce in questo solco». La sua associazione, che ha una struttura territoriale che si estende da Diamante a Paola, fin dalla fondazione, avvenuta nel 2003, ha curato corsi di giornalismo, teatro, cinema, iniziative che hanno coinvolto ogni anno decine di giovani. Nell’ambito di questo lavoro, tanto per ricordarne una, il Laborario dato vita alla rassegna cinematografica “I Fiori d’ogni dove”, inserito nella giornata mondiale del cinema.
Bencivinni ci tiene a sottolineare la diversità e l’indipendenza dei premi che si svolgeranno quest’anno anche se, ha affermato «abbiamo messo a disposizione della commissione consiliare le nostre energie e la nostra esperienza per la migliore riuscita di quello che è un patrimonio storico di tutta la città, e il presidente del consiglio comunale Rudy Angilica, ce ne ha dato atto nel corso della prima manifestazione, tenutasi ad aprile presso i Licei». Poche lapidarie parole, invece, sulle polemiche che hanno preceduto la ripresa dei lavori per il Premio Nazionale Culturale “Losardo”. Non è mancato, infatti, chi ha appoggiato la reistituzione della commissione, deliberata dall’assise cittadina lo scorso mese di febbraio, con la presunta «necessità di dare uno stop alle carrellate di personaggi politici», con riferimento alle personalità che tra il 2005 e il 2007 hanno ricevuto la targa. «Chi cede alla tentazione di polemizzare su questi temi fa dell’oscurantismo – ha commentato il presidente del Laboratorio – Così non si fa che offuscare la memoria di Giannino Losardo».
( Gazzetta del Sud 25 maggio)

Castelli del Tirreno Cosentino

di Carlo Andreoli


Andare per castelli, lungo la costa del Tirreno Cosentino, è impresa assai allettante; dove il fascino dei luoghi s’unisce alle memorie storiche. Sulla baia di Fiuzzi, a Praia a Mare, s’affaccia già la splendida Rocca di Praia: un maniero militare del ‘300, turrito e merlato, che tra mastio, corpo di guardia e scuderia ospita oggi un raffinato albergo. Sopra un costone roccioso che sovrasta l’abitato, spiccano invece i resti del Castello di Papasidero; ch’era forse una rocca longobarda prima che normanni, svevi ed angioini vi ponessero mano ad ampliarlo. E pure il Castello di Scalea contende la sommità dell’abitato al campanile di S. Maria d’Episcopio; col perimetro ampio delle mura ed i resti della Torre di Guardia che fu teatro, nel 1522, d’un famigerato tradimento: causa del saccheggio saraceno di Dragut. Mentre un esempio di nobile coraggio è legato alle memorie del Castello di Belvedere Marittimo, tra i più grandi e belli della costa, opera forse di Francesco di Giorgio. S’allude a quando, nel 1288, Ruggero Sangineto non esitò a rintuzzare gli attacchi ripetuti che vi portavano le armate di Re Giacomo d’Aragona mentre tenevano in ostaggio i suoi figli. Adagiato sulla costa, segue invece il Castello di Sangineto; con poderose torri d’angolo cui fu aggiunto, nel ‘500, un arioso loggiato: oggi fondale scenico di strepitosi eventi estivi. Ed imponente era pure il Castello di Bonifati, posto sopra il Monticello, che si dilungava per 90 metri con bastioni d’angolo. Fu distrutto, in buona parte, da Renato d’Angiò, nel 1439; nel tentativo di fare terra bruciata all’avanzata in Calabria delle truppe aragonesi. Così come poco rimane del vasto Castello di Fuscaldo, che fu sede dei Marchesi Spinelli; ridotto nell’800 a cava d’estrazione del famoso tufo di Fuscaldo cui attinsero generazioni intere di rinomati maestri scalpellini. Ed appartenente agli Spinelli era pure il Castello di Paola, “partito in più quarti di stupenda veduta” come scrisse il Pacichelli sulla fine del ‘600. Dove il cambio della guardia era tenuto da una guarnigione di 30 soldati e la scuderia poteva ospitare fino a 50 cavalli; e di cui resta oggi solo una torre superstite. Del Castello di S. Lucido, situato sopra l’Arce Nicetina, si conserva invece la bella Porta d’ingresso ed alcuni resti maestosi della rocca. E si ricorda che vi nacque, nel 1744, il cardinale Fabrizio Ruffo, fautore della riconquista sanfedista del Regno di Napoli. Un interesse artistico affatto singolare riveste, invece, il Castello di Fiumefreddo Bruzio, che fu sede del viceré di Calabria Pietro Gonzalez de Mendoza. I suoi resti suggestivi sono infatti adorni d’un ciclo d’affreschi di Salvatore Fiume che ne esaltano l’antico splendore in un’aura di magia. Come pure dei Mendoza fu per 3 secoli circa, fino all’eversione della feudalità, il Castello di Longobardi di cui rimangono gli avanzi. Sui tornanti che salgono verso l’abitato, si notano invece le muraglie e la torre circolare del Castello di Belmonte, risalente al 1270; che vide, tra i suoi tanti feudatari, Galeazzo di Tarsia. Ed infine sul pianoro che domina la marina sottostante svettano i resti del Castello d’Amantea: ariosa acropoli che si completa, a ponente, dei ruderi del Convento di S. Francesco d’Assisi. Luogo che fu teatro, nel 1806, d’una storica difesa dalle truppe francesi che Nicola Misasi poi ritrasse in un famoso romanzo.
Torri, bastioni e mura che disegnano, insomma, il panorama di molti luoghi della nostra costa; unendo l’eco d’una storia millenaria al rumore delle città d’oggi; per plasmare un territorio multiforme che ritrova nel passato l’essenza secolare della sua vita odierna.


Radio1One
(Venerdì 23 Maggio 2008)

martedì 20 maggio 2008

Quel giugno dell’Ottanta

di Gaetano Bencivinni

Il 29 maggio al cinema Vittoria di Diamante, nell’ambito della sesta edizione del Premio Losardo Laboratorio 2003, Adriano Ceccarini, attore livornese del cast del film Cedri di amante, reciterà la poesia Quel giugno dell’Ottanta, dedicata alla memoria di Giovanni Losardo, assassinato dalla mafia il 21 giugno dell’Ottanta.




Quel giugno dell'Ottanta
cadeva assassinato
il povero Giannino
da tutti ricordato
come nobile esempio
di coraggioso impegno
contro la malavita
dell'antica Cetraro,
un tempo centro ardito,
fortezza ben protetta
da torri con cannoni.

Quel traffico del pesce,
che ha fatto la fortuna
di miseri straccioni,
colpisce l'attenzione
del segretario capo,
che vigila in Procura.

La sfida già lanciata
dai capi della mafia
diffonde tra la gente
un clima di terrore.

Losardo scende in campo,
deciso a non tacere
su traffici ed imbrogli.
Lo scontro si fa duro
nel tragico Consiglio
fissato dal Comune
la sera del delitto.

La mafia non perdona
lo scomodo nemico;
la moto è già partita,
l'agguato non fallisce.

Subito la Procura
indaga varie piste;
l'amico non ricorda
segreti confidati,
le prove non sono chiare.
La gente scende in piazza,
formando comitati,
che lottano la mafia.
Le carte vanno a Bari,
arrivan le condanne.

S'alternano politici
di varie confessioni,
che promettono il pieno
rispetto della legge.

Non bastano in appello
le prove già fornite
da testi ed avvocati.
"La mafia non ha colpe
- decreta la Giustizia -
che tutti siano assolti!".

domenica 18 maggio 2008

Premio Losardo Laboratorio 2003. Cristo d'argento a Nicola Gratteri

di Tiziana Ruffo

Si svolgerà a Diamante, quest’anno la sesta edizione del Premio Losardo “Laboratorio 2003” dedicato alla memoria di Giovanni Losardo, assassinato dalla mafia il 21 giugno 1980. La manifestazione culturale si terrà il 29 maggio alle ore 18.00 al cinema- teatro Vittoria ed è patrocinata dal Comune di Diamante, dalla Provincia di Cosenza, dalla Presidenza del Consiglio Regionale della Calabria, e dal CTC Unesco di Parigi. Il Laboratorio Losardo assegnerà il Cristo d'argento, simbolo antimafia raffigurante il sacrificio di Losardo, per il giornalismo e impegno sociale per la legalità al sociologo Pino Arlacchi, per la seconda edizione del volume "La mafia imprenditrice", al magistrato Nicola Gratteri ed al giornalista Antonio Nicàso, per il volume "Fratelli di sangue" e al giornalista Arcangelo Badolati, per il volume "Ndrangheta eversiva". Per la sezione "Giornalismo" saranno conferiti riconoscimenti speciali a Pietro Melia di Rai 3 Regione e a Cristina Vercillo del Quotidiano della Calabria. Il premio sezione "Impegno sociale per la legalità" sarà consegnato al magistrato Alfredo Cosenza ed al sindaco di Lamezia Terme Gianni Speranza. L'iniziativa sarà presieduta dal presidente del Laboratorio sperimentale, Gaetano Bencivinni, e coordinata da Francesca Villani, referente editoria e comunicazione. Interverranno il sindaco di Diamante Ernesto Magorno, il presidente del Laboratorio Sperimentale “Giovanni Losardo”Gaetano Bencivinni, l’assessore comunale alla cultura Battista Maulicino, il prof. Michele Borrelli, ordinario di pedagogia presso l’Università della Calabria, il Prefetto di Cosenza Pietro Lisi , il presidente dell’amministrazione provinciale di Cosenza, Mario Oliverio e il vice presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Mario Tassone. A presiedere l’ incontro sarà l’ assessore provinciale alle Politiche Giovanili di Cosenza Donatella Laudadio. Nel corso della manifestazione sarà distribuito il volume Quel giugno dell’80, a cura di Gaetano Bencivinni e Francesca Villani, con prefazione di Michele Borrelli ed i contributi di Filippo Veltri, Luciana De Luca, Annarosa Macrì, Arcangelo Badolati, Raffaele Losardo, Francesca Villani. Sarà consegnata inoltre la tessera di Socio Onorario del Laboratorio Sperimentale “G. Losardo” al regista Daniele Cribari. Un attore del cast del film “Cedri di Amante” reciterà la poesia “Quel giugno dell’80”, dedicata alla memoria di Giovanni Losardo. Nelle edizioni precedenti il premio Losardo è stato assegnato, tra gli altri, al giornalista del Corriere della sera Gian Antonio Stella, al regista Mimmo Calopresti, al giornalista Rai Sandro Ruotolo, all’on Marco Minniti e a mons. Giancarlo Maria Bregantini.
Il laboratorio sperimentale Losardo, attivo dal 3 agosto 2003, ha organizzato numerosi eventi culturali, corsi di formazione, prodotti cinematografici e pubblicazioni su legalità e tematiche legate al cinema.
( Gazzetta del Sud 11 maggio)

Giovanni De Giacomo ed il folklore di Calabria

di Carlo Andreoli


Lo studio delle tradizioni popolari risale pressappoco alla seconda metà dell’800. Ed in Calabria esso ha avuto un padre nobile in Giovanni De Giacomo che ne è stato un precursore convinto e appassionato.
Nato a Cetraro, nel 1867, egli si diede una vasta formazione classica che gli servì da tramite per i suoi interessi di ricerca; avvertendo come in Italia ed Europa si stesse profilando ormai l’origine d’una nuova scienza che faceva del folklore il suo campo d’indagine. E, pur vivendo in provincia, riuscì a stabilire una serie di contatti con figure eminenti della nuova disciplina che segnarano la sorte del suo futuro di studioso. Sicché conobbe e fu amico del Padula e del Julia, come pure prese parte agli studi, in Sicilia, del Pitrè. E su consiglio di Graziadio Ascoli, che compilava allora un poderoso “archivio glottologico”, e dell’illustre prof. Hugo Schugardt, dell’Università di Graz, si diede tutto allo studio del folklore e dell’etnografia calabrese.
Dopo un saggio su “La Calabria e l’orco”, apparso nel 1894, iniziò una fruttuosa collaborazione con la rivista “La Calabria”, diretta a Vibo Valentia da Luigi Bruzzano. Pubblicandovi articoli succosi sugli “Usi e costumi dei villani di Cetraro”, saggi di medicina popolare e raccolte di motti e di sentenze varie che ancora oggi conservano un autentico valore di recupero della civiltà locale. Crebbe in notorietà ed il suo lavoro di ricercatore gli valse molte lodi ed incoraggiamenti. Ruggero Bonghi si occupò di lui, nel periodico la “Cultura”, ed il De Gubernatis lo volle a collaboratore della “Rivista di letteratura popolare”; mentre alcuni suoi lavori letterari comparvero sui fogli Avanguardia, Fanfulla e La Cronaca di Calabria. Tutto questo vasto patrimonio di notizie e conoscenze lo riversò quindi nel suo libro “Il Popolo di Calabria”, edito in due volumi nel 1896-99. Un compendio d’usi e tradizioni, dove pure confluirono recuperi importanti; come certi resti del teatro popolare calabrese risalenti alla farsa del ‘600. Ma uno dei suoi lavori singolari, uscito postumo con una prefazione di Raffaele Sirri, fu “La farchinoria”; che raccolse riti e consuetudini dell’eros in Calabria: frutto d’una raccolta personale di notizie che fu un tratto tipico e moderno della sua veste di ricercatore. Per molto tempo della sua vita insegnò: a Cetraro, Belvedere, Paola e Rossano; come pure, brevemente, al Liceo Telesio di Cosenza dov’ebbe modo di conoscere il Misasi e Domenico Milelli. E la sua predilezione per gli studi lo portò pure lontano; come quando nel 1910, per incarico di Lamberto Loria, compose il padiglione calabrese del Museo nazionale d’etnografia, conservato tuttora in Valle Giulia di Roma. Ammalatosi piuttosto gravemente, nel 1917 si ritirò nella sua casa, al Borgo di Cetraro, dove continuò a scrivere e studiare; confortato dall’affetto d’amici come lo scrittore Antonino Anile o l’antropologo Raffaele Corso che sempre si dichiarò suo allievo affezionato. Finché, un anno prima di morire, diede alla luce, nel 1928, il suo ultimo lavoro: “Athena Calabra”. Una silloge di scritti che voleva rivendicare alla Calabria un suo atavico splendore; dove la storia regredisce ad epos ed il tratto fiero della gente di Calabria diventa, esso stesso, motivo formatore della storia. Ad alcuni parve, allora, quest’impresa un esercizio di retorica, che contraddiceva lo stato miserevole in cui si dibatteva la Calabria. Ma, come ebbe a dire una volta il De Giacomo, “la miseria, prima che nelle nostre tasche, è nella nostra testa”. E forse il vecchio professore di Cetraro non aveva torto.

Radio1One
(Venerdì 16 Maggio 2008)

martedì 13 maggio 2008

Sud. Declino irreversibile o possibile rilancio ?

di Vincenzo Gallo

Ogni anno si spostano dalle regioni meridionali verso quelle del Centro-Nord circa 270 mila persone, di cui 120 mila in maniera permanente.
Secondo una ricerca Svimez è un dato vicino a quello dei primi anni Sessanta, quando a trasferirsi al Nord erano 295 mila persone l’anno.

E’ possibile invertire questa tendenza e cercare di favorire lo sviluppo delle imprese esistenti e la creazione di nuove imprese nelle regioni meridionali o il sud è destinato ad un declino e ad uno spopolamento irreversibile ?

Ai più pessimisti è opportuno ricordare che nel 2007 negli Stati Uniti, presso lo stabilimento Boeing di Seattle, è stato presentato alla stampa il primo esemplare del 787, l’aereo commerciale più innovativo mai realizzato, per l’uso intenso di materiale composito, che lo rende leggero e a basso consumo. E’ una grande scommessa tecnologica, ma l’aereo è già un caso di successo commerciale.

La partecipazione italiana al progetto è molto significativa, visto che Alenia Aeronautica partecipa al 26% ed ha investito massicce risorse economiche che la Regione Puglia è riuscita ad attrarre, per la realizzazione di uno stabilimento nel suo territorio. Si prevede che il programma porterà un fatturato in venti anni tra gli 11 e 18 miliardi di dollari..

Negli stabilimenti e nei centri di ricerca Alenia si gioca, pertanto, una partita che va oltre gli aspetti industriali del programma in questione, in quanto il successo del progetto dimostra che il Mezzogiorno ha grandi capacità ed energie e che esistono in questi territori le condizioni per un processo di reindustrializzazione.

D’altra parte è da sottolineare che la Fiat ha realizzato negli anni scorsi uno dei sui più importanti stabilimenti a Melfi, in Basilicata, mentre a Catania si è sviluppato un polo sulla microelettronica, che dà lavoro a 3.000 addetti.

In Calabria dopo il pacchetto Colombo, il piano telematico e la realizzazione del porto di Gioia Tauro non c’è stata una adeguata attenzione allo sviluppo produttivo e alla politiche finalizzate all’ attrazione di investimenti privati e si discute di nuovo quasi esclusivamente di infrastrutture: ponte sulle Stretto, nuove strade e autostrade ecc.
Opere pubbliche sicuramente importanti e necessarie, ma spesso non collegate ad un piano strategico finalizzato allo sviluppo imprenditoriale.

Mentre nelle nostre città l’attenzione non va oltre gli svincoli autostradali, le metropolitane leggere e soprattutto le aree residenziali, Barcellona ha presentato alla fiera mondiale sugli investimenti immobiliari, che si è tenuta di recente in Francia, un grande piano finalizzato all’attrazione degli investimenti e a favorire la localizzazione sul suo territorio di imprese innovative in specifiche aree attrezzate.

Sulla Costa del Sol in Spagna non è possibile fare il bagno nel mare, perché le acque provenienti dall’Oceano sono molto fredde e ci sono pochissimi centri storici sulle colline. Nonostante ciò gli alberghi sono pieni per 9 mesi all’anno e si è riusciti ad attrarre investitori da tutto il mondo, al contrario di ciò che è avvenuto in Calabria.

Il rincaro del prezzo del petrolio che ha superato i 120 dollari è sicuramente una minaccia, ma sta anche creando grandi opportunità. Le grandi aziende e i paesi proprietari dei giacimenti petroliferi sono alla ricerca di collocazione dei loro grandi profitti sui mercati internazionali, anche nell’area del Mediterraneo, ed effettuano investimenti di gran lunga superiori a quelli dell’intero POR Calabria 2007/2013.

Il progetto che il centro Ricerche Fiat e l’Università della Calabria hanno portato avanti sulla ginestra, con risultati molto positivi e due brevetti depositati dall’Università, che si è riusciti a far realizzare prevalentemente in Provincia di Cosenza in seguito all’iniziativa sperimentale “Investire nella Riviera dei Cedri”, è stato guardato spesso con scetticismo e distacco.

Ciò mentre altre regioni si contendono la presenza del Centro Ricerche Fiat, che vanta oltre 450 prodotti, processi e metodologie in sviluppo ed è leader nei progetti finanziati dall’Unione Europea, con 115 progetti vinti nel sesto programma quadro e oltre 300 collaborazioni con la piccola e media industria. Dispone di un patrimonio di 1.545 brevetti e 1.051 domande di brevetto (pendenti) ed ha sedi operative nelle città di Orbassano (Torino), Trento, Valenzano (Bari), Foggia e Catania.

E’ da sottolineare, inoltre, che la Ford ha di recente presentato il prototipo di una bioauto tecnologicamente avanzata, che sarà sul mercato già nel 2010. Punta sull’utilizzo di bioplastiche e di materiali naturali alternativi a quelli derivati dal petrolio. Tra l’altro fa largo uso del mais, che molte imprese industriali stanno abbandonando, in quanto è parte della catena alimentare (a differenza di piante come la ginestra). Il suo prezzo sta infatti crescendo vertiginosamente, con un impatto negativo non solo sul costo dei prodotti industriali, ma anche sui consumi nei paesi più poveri.

E’ evidente, pertanto, che in questo contesto anche il Sud e la Calabria hanno opportunità da cogliere, ma per individuarle è necessario partire dal presupposto che la globalizzazione comporta grandi rischi ma anche nuove ed impreviste possibilità di sviluppo.

sabato 10 maggio 2008

Quel giugno. Premio Losardo Laboratorio 2003

di Gaetano Bencivinni

Sarà distribuito nell’ambito della sesta edizione del Premo Losardo Laboratorio 2003 il volume Quel giugno dell’Ottanta, dedicato ala memoria di Giovanni Losardo, assassinato dalla mafia il 21 giugno del 1980.
Il libretto, curato da Francesca Villani, con prefazione di Michele Borrelli, ricostruisce il clima di paura di quegli anni, che hanno trasformato Cetraro da un centro tradizionalmente tranquillo in un vero e proprio Far West.
Rapine, gambizzazioni, omicidi e lupare bianche sconvolgono nel giro di pochi anni la cittadina tirrenica, che si ritrova nel mezzo di una devastante conflittualità omicida culminata nell’assassino di Losardo. Omicidio questo definito dal segretario nazionale del PCI dell’epoca Enrico Berlinguer il più grave omicidio politico-mafioso compiuto in Calabria.
Il narrato di Quel giugno dell’Ottanta si svolge attraverso i contributi dei giornalisti Luciana de Luca, Filippo Veltri, Annarosa Macrì ed Arcangelo Badolati, insigniti del Premio Losardo nelle edizioni precedenti, che tracciano i tratti distintivi del fenomeno mafioso dell’epoca, estendendo l’analisi anche alla fase contemporanea con i riflettori puntati sul rapporto tra mafia e politica.
Francesca Villani ricostruisce il clima degli anni Ottanta, avvalendosi del supporto della stampa dell’epoca sia nazionale che regionale.
Significativo e toccante l’intervento di Raffele Losardo, che ripercorre il dramma degli affetti familiari prematuramente spezzati.
La sesta edizione del premio quest’anno si svolgerà il 29 maggio al Cinema Vittoria di Diamante e prevede gli interventi del sindaco Ernesto Magorno, dell’assessore ala cultura Battista Maulicino, del docente UNICAL Michele Borrelli, del prefetto di Cosenza Pietro Lisi, del presidente della Provincia di Cosenza Mario Oliverio e del vicepresidente della commissione parlamentare antimafia Mario Tassone.
Il Cristo d’argento raffigurante il sacrificio di Losardo, sarà assegnato al sociologo Pino Arlacchi, al magistrato Nicola Gratteri, e ai giornalisti Antonio Nicaso ed Arcangelo Badolati.
Il premio sezione Giornalismo sarà assegnato ai giornalisti Pietro Melia e Cristina Vercillo. Il premio sezione Impegno sociale per la legalità sarà conferito al magistrato di Paola Alfredo Cosenza e al sindaco di Lamezia Terme Gianni Speranza.
Nel corso della serata sarà consegnata al regista Daniele Cribri la tessera di socio onorario del Laboratorio.
La manifestazione culturale è presieduta dall’assessore provinciale Donatella Laudadio, socio onorario del Laboratorio e premio Losardo 2004.( Il Quotidiano 10 maggio)

Un maestro della pittura moderna: Enzo Maiolino

di Carlo Andreoli


Dalla Riviera dei Cedri alla Riviera ligure di Ponente, il passo non è breve; ma Enzo Maiolino l’ha percorso indifferente, finendo anzi per essere uno dei maestri affermati della pittura e della grafica italiane.
Nato a S. Domenica Talao nel 1926, ad 11 anni Maiolino si trasferisce, infatti, in Liguria; e lì si stabilisce a Bordighera, dove inizia gli studi d’arte col maestro Giuseppe Balbo e si diploma, nel ‘48, al Liceo Artistico di Genova. L’anno dopo è già insegnante di disegno nelle scuole medie di Bordighera; ma si dedica soprattutto ad un lungo tirocinio d’arte che lo porterà fino alle soglie d’una pittura astratta, apprezzata dalla critica italiana ed europea.
Nel suo laboratorio, posto in fondo al giardino della casa a Bordighera, Maiolino inizia infatti il suo percorso con una serie di paesaggi della Riviera ligure di Ponente che risentono già d’una marcata astrazione delle forme: i caseggiati assolati di Savona e Ventimiglia si traducono in schiette geometrie, campite da colori caldi e piatti. E’ il germe d’una pittura, come ricorda Maiolino, intesa “come ricerca d’armonia, d’ordine e d’equilibrio”; in cui molto s’avverte il ricordo d’un maestro come Paul Cézanne. Ma siamo ancora sul finire degli anni ’50; e la ricerca d’un linguaggio proteso sempre più all’essenza delle cose porta il maestro di S. Domenica Talao a fare propria la lezione del Cubismo e dell’accostamento di colori puri che fu tipico di Mondrian. Ed ecco che il paesaggio di Liguria si trasforma allora, negli anni ’60, in un intreccio di prismi colorati che implodono in un serrato gioco d’incastro. Nel periodo successivo, prende invece inizio la rinuncia totale a fare uso dell’immagine per esprimere il reale. Se ogni percezione si risolve in uno stato d’animo, è questo che bisogna esprimere e non quindi l’oggetto che lo genera. E’ il principio di quella forma d’arte astratta che va sotto il nome d’informale; e che Maiolino adotta, fin dagli anni ’70, giungendo a soluzioni raffinate che portano a squadrare sulla tela campi netti di colore che trovano un valore solo nel loro accostamento. I suoi lavori vengono notati, tra l’altro, dal critico tedesco Walter Vitt che gli apre le porte dei musei di Germania e cura l’edizione del suo catalogo completo. In seguito, Maiolino scopre l’uso artistico del tangram: un gioco antico della Cina che combina in vario modo una serie fissa di figure, generando una varietà di silhouettes che sono frutto del caso e del talento artistico. E non cessa, nel frattempo, di dedicarsi alla sua passione personale di raccoglitore di documenti rari; pubblicando a Torino, nell’81, un libro su “Modigliani vivo”, che gli vale unanime consenso.
Un artista moderno a tutto campo, insomma, cui non manca il riconoscimento della critica. Nel 2001, infatti, la Fondazione Novaro di Genova gli assegna il “Premio Novaro per la cultura ligure”. E nell’aprile del 2007, in occasione degli 80 anni del maestro, il Comune di Sanremo e l’Università di Genova gli hanno reso omaggio con una grande mostra personale allestita nel Museo Civico Bòrea d’Olmo.
Sarebbe forse il caso che d’un maestro, rivelatosi importante nell’arte italiana contemporanea, si desse pure conto nei suoi luoghi d’origine, organizzando una rassegna del suo lavoro multiforme. Non fosse che per mostrare come un pezzo importante della cultura della Riviera ligure di Ponente derivi, in fondo, dalla nostra Riviera del Tirreno Cosentino: ricca di cedri ma ricca pure di talenti.


Radio1One
(Venerdì 9 Maggio 2008)

domenica 4 maggio 2008

Nel centro storico di Belvedere Marittimo

di Carlo Andreoli

Un mattino di primavera è l’ideale per andare in giro senza mèta nei paesi della riviera; e così noi ne profittiamo per visitare un poco il centro storico di Belvedere Marittimo: tranquillo, pittoresco, pieno di squarci ombrosi e larghi soleggiati. Giunti nella piazza principale, già animata di gente che frequenta il Municipio o s’intrattiene a discutere nei bar, scendendo per un vicolo a gradoni, si nota già la cupola della Chiesa delle Grazie, ancora fresca di restauro. Nell’interno, ci accoglie subito il chiarore d’un soffitto a cassettoni; mentre gli ori d’un altare barocco, che racchiude nel suo mezzo la Madonna delle Grazie, avventano dall’ombra d’una cappella. Una nicchia, dietro l’altare, conserva invece un gruppo dell’Annunciazione, che ha una levigata pulizia di smalto; e dall’alto del transetto laterale pende un lampadario singolare, tutto in ferro battuto. Dall’altro lato della piazza, si trova invece in basso la Chiesa del Crocifisso: cosiddetta per un immane Crocifisso, che mostra il corpo insanguinato ed un volto abbandonato nel dolore. Salendo per la vecchia porta urbica, ecco la sorpresa d’un palazzo con un nome spagnolesco, Palazzo Perez; fiero d’un elegante cornicione a mensole di cotto. Ed accanto, la facciata rosa della Chiesa parrocchiale di S. Maria del Popolo; che contrasta con l’interno, bianco di stucchi a rilievi celestini. La Madonna col Bambino d’alabastro, di scuola toscana, è adorata dal suo dedicatario, ritratto a mezzo busto. Nelle navate, bei dipinti; fra cui, dietro l’altare, un’Ascensione della Vergine, ricca di stupendi angeli musici che imbracciano strumenti ormai in disuso. Un pulpito a pastiglia d’oro, maculato di foglioline azzurre, si protende da un pilastro della nave maggiore, svelando la sua data del 1742. Percorrendo la strada che attraversa l’abitato, su cui s’affacciano botteghe, s’arriva in fondo alla Chiesa del Rosario, del 1091, annunciata da un portale d’arenaria di forbito disegno. Dentro si segnala subito l’altare ligneo intagliato della Madonna del Rosario coi suoi 15 Misteri. Ma il pregio raro di questa cappella antica è forse quell’affresco, un po’ consunto, di S. Margherita d’Antiochia che porta al guinzaglio un drago: protettrice, si dice, delle partorienti. Salendo verso l’alto dell’abitato, s’arriva, quindi, nella Piazza del Castello; inquadrata dalla quinta scenografica di palazzi ottocenteschi e solo disturbata dalla presenza delle auto che ne sciupano la vista. Un busto di Filippo Sangineto ci riporta alle memorie del castello e alla sua storica difesa, tentata da Ruggero Sangineto ed i suoi figli, contro re Giacomo d’Aragona, nell’ormai lontano 1289. La mole poderosa delle mura, la grande torre d’angolo cinta di beccatelli medievali, i resti dell’ingresso ancora adorno dello stemma aragonese contrastano con lo stato d’abbandono in cui versa oggi il castello; pervaso d’una vegetazione che ne ingombra ogni parte. Ed il fascino romantico che riesce ancora ad ispirare l’orrida visione non compensa certo la perdita d’un bene tanto unico. I ricordi si riaffacciano di nuovo visitando il giovane Museo della Memoria Storica: raccolta di memorie cittadine, libri, foto, vetrine d’anticaglie, gonfaloni. Poi, di nuovo discendendo verso il basso, s’arriva in una piazza che porta il nome nuovo ed ambizioso di “Cittadinanza attiva” ma reca ancora l’animo pacioso delle nostre piazze antiche: assolate e solitarie con una pianta di magnolia che verdeggia al centro. Anche qui, s’è inteso unire al passato una traccia del presente: con una bella serie di terrecotte colorate che vorrebbero tracciare il cammino d’una Via Pulchritudinis. Ed una Via della Bellezza abbiamo avuto il senso d’averla percorsa anche noi: camminando per le vie di Belvedere, in un radioso mattino d’aprile.

Radio1One
(Venerdì 2 Maggio 2008)