lunedì 29 ottobre 2007

Un miracolo in un piccolo centro del Sud

di Francesca Rennis

L’arte come luogo di incontro di culture diverse, di crescita umana e sociale, di apertura a prospettive diverse. Proprio come i nuovi linguaggi multimediali applicati alla cinematografia. Nella terza rassegna “I fiori di ogni dove” sboccia l’iniziativa interculturale e la valorizzazione di giovani talenti per come previsto dallo stesso titolo. Lo evidenzia Antonella Bruno Ganeri, senatrice e intellettuale di rilievo nel Tirreno cosentino, da sempre vicina alle iniziative del Laboratorio “G. Losardo”. Non potendo partecipare alla manifestazione che si terrà oggi pomeriggio presso la Colonia San Benedetto la senatrice vuole comunque rimarcare di aver “sempre apprezzato l’iniziativa per la novità assoluta che rappresenta nel nostro territorio proprio per il taglio multiculturale che interpreta meravigliosamente lo spirito dei tempi. E se a parole sosteniamo questo processo di dialogo, nei processi concreti invece non sempre si manifesta. Il Laboratorio lo fa utilizzando uno dei linguaggi più significativi di oggi che è quello del cinema. Anche se la giornata di oggi è dedicata al corto d’animazione e dunque settoriale, è degno di grande attenzione perché riscopre i giovani talenti”. E tra i giovani anche chi non ha potuto continuare a coltivare le proprie passioni artistiche nel settore multimediale perché la vita si è interrotta prematuramente come i figli della stessa senatrice e Simona Gesmundo alla quale è dedicata la rassegna. “La cosa che più mi ha colpito nel ricordare persone che non ci sono più – continua Bruno Ganeri – è stato il valore dato al ricordo. Un ricordo che si riempie di significato quando si scoprono tanti giovani talenti, tante potenzialità non solo italiane. In un piccolo centro del sud come Cetraro si opera un “miracolo”. Da qui proviene un segnale importante in un momento in cui la Calabria è additata in tutta Italia forse come il luogo più nefasto, di corruzione, violenza, mancanza di legalità. Questo segnale non è una piccola cosa. Magari ci fossero nella regione tante iniziative del genere. Ammortizzerebbero questa ondata di fango, un groviglio di immoralità che rischia di sommergerci tutti e che ci riempie di un mare di vergogna. E purtroppo a rimanere schiacciati – avverte preoccupata - sono i calabresi onesti che sono la maggioranza ma non riescono ad emergere”. In definitiva l’iniziativa, sostenuta dall’amministrazione provinciale e comunale “non è di facciata come dimostra la presenza di persone referenziate tra cui Giovanna Taviani, figlia di uno dei due famosi registi. Sono giovani talenti ai quali auguriamo di lavorare in un mondo migliore senza barriere. Un esempio di buona politica, intendendo per politica servizio culturale al territorio perché la politica se non è cultura né servizio è qualcosa che non ci appartiene”.( Provincia Cosentina 26 ottobre)

Il Fiore di ogni dove. I corti premiati

di Francesca Rennis


Una leggenda yiddish e un viaggio per sconfiggere la malattia sono i temi dei due corti che saranno premiati venerdì 26 ottobre nel corso della rassegna cinematografica internazionale “Il fiore di ogni dove” dedicata ai “corti”. Lavori che portano il confronto artistico oltre i confini linguistici e culturali non solo perché frutto di tesi di laurea di un tedesco, Martin Rahmlow, e di una russa, Irina Litmanovich, ma soprattutto per la presenza di una giuria internazionale, presieduta da Monsieur Robert Kalman, membro del Comitato Esecutivo dell’Unesco di Parigi che sarà l’ospite d’onore alla cerimonia del 26 ottobre. L’originalità dei cortometraggi nel rimaneggiare il già noto attraverso l’utilizzo di strumenti multimediali prende forma visiva, si materializza in visioni catturate all’immaginazione.
Ritorna la leggenda del topolino mangiato dal gatto, come nella celebre canzone “Alla fiera dell’est” di Angelo Branduardi recuperata dal folclore yiddish mittleuropeo. E’ il caso di “Khelom’s customs” di Irina Litmanovich presentato per la sezione Disegno animato. La forma multimediale media il contenuto morale che riesce a far presa sullo spettatore accalappiato nella rete di suggestioni antiche. La coscienza religiosa ebraica non rimane così sullo sfondo di abilità tecniche ma ripropone comunque una verità del senso comune. Ogni risposta ad un problema ripresenta un altro problema e quasi sempre i guai aumentano. “Never end”, dirà alla fine l’autrice che si è ispirata al poema di Ovsei Driz.
Ritorna anche il tema del viandante alla ricerca di una cura per la sua inguaribile malattia. E’ il viaggio dell’uomo alla ricerca del propria identità, la pietra filosofale per eccellenza. Solo l’accettazione delle traversie che dovrà affrontare possono alla fine dargli la salvezza. In gara per la sezione Digitale ha colpito la straordinarietà con cui il giovane regista è riuscito a restituire immagini tra onirico e allegorico senza perdere il senso della storia. In questo percorso dal titolo “Aal im Schadel”, ovvero “Anguille”, si è cimentato Rahmlow. Questi, diplomato alla FilmAkademie di Baden-Wurttemberg, si è poi specializzato presso l’Animation Institute interno alla facoltà; la Litmanovich, dopo aver frequentato il Department of Visual communication alla “Bezalel” Arts Academy di Gerusalemme ed aver lavorato come assistente alla regia e direttore artistico in vari studi, si è poi specializzata in regia alla Shar School-Studio di Mosca .
Il Premio Simona Gesmundo Corti d’Animazione sin dal suo esordio è stato patrocinato dal Conseil du Cinema, de la Televisione et de la Communication Audiovisuelle dell’Unesco, dalla Presidenza del Consiglio Regionale, dalla Provincia di Cosenza e dal Comune di Cetraro. L’edizione di quest’anno, intorno alla quale si sono raccolte diverse aspettative, è stata organizzata in partecipazione con la Giornata mondiale del Cinema d’animazione e si avvale dell’importante patrocinio dell’Asifa - International animated film association.
Ideata e diretta dalla docente universitaria e scrittrice Matilde Tortora, curata dal Laboratorio sperimentale “G. Losardo”, in questa terza rassegna ha preso in esame oltre 40 cortometraggi animati provenienti da tutta Europa. La manifestazione prende le mosse dalla passione, interrotta tragicamente, della giovane studiosa di cinema e linguaggi multimediali Simona Gesmundo. Una passione che si ripercuote su partecipanti e pubblico, entrata con la manifestazione anche nel periodico di cultura cinematografica Quaderni di Cinemasud, che ospita i festival di cinema più importanti d’Italia e d’Europa e che privilegia i nuovi autori, il genere documentario e le cinematografie del Sud del mondo.( Provincia Cosentina ottobre)

La lingua universale dei corti di animazione

di Tiziana Ruffo


L’animazione, un esperanto, un linguaggio di una grande democrazia, trova visibilità nella terza edizione del Premio Simona Gesmundo - Corti d’Animazione, in programma a Cetraro il 26 ottobre. L’evento è inscritto nell’ambito della III edizione della Rassegna Cinematografica Internazionale “Il fiore d’ogni dove”, ideata e diretta da Matilde Tortora e curata dal Laboratorio Sperimentale G. Losardo. I film d’animazione vincitori, selezionati tra oltre 40 cortometraggi animati, provenienti da tutto il mondo, sono entrambi stranieri. Si tratta dei corti “Aal im Schadel” del regista tedesco Martin Rahmlow per la Sezione Digitale e “Khelom’s customs” della russa Irina Litmanovich per la Sezione Disegno Animato. Il Premio, sin dal suo esordio, è patrocinato dal Conseil du Cinema, de la Televisione et de la Communication Audiovisuelle dell’ Unesco , dalla Presidenza del Consiglio Regionale, dalla Provincia di Cosenza e dal Comune di Cetraro. L’on. Mario Oliverio è presidente onorario della Rassegna, organizzata tra l’altro quest’anno in partecipazione con la Giornata Mondiale del Cinema d’Animazione e si avvale dell’importante patrocinio dell’ASIFA - International Animated Film Association. Una peculiarità che vedrà dunque i corti inseriti in un dvd e proiettati contemporaneamente in tutto il mondo . La manifestazione, dedicata alla memoria della giovane studiosa di cinema e di linguaggi multimediali si avvale di una giuria internazionale (composta tra gli altri dall’artista ungherese Anna Kiss) quest’anno presieduta da Monsieur Robert Kalman, membro del Comitato Esecutivo dell’ Unesco di Parigi al quale verrà attribuito un riconoscimento speciale, che per la prima volta la rassegna consegna: il Cristo d’argento. La valenza fortemente sociale di due corti ha indotto, inoltre, la giuria ad assegnare le menzioni speciali a Sergio Manfio per “facciamo grande la tv dei piccoli” uno spot indirizzato agli adulti per riflettere su cosa dovrebbe offrire una tv a misura di bambino e “Dio è dalla mia parte” , un film della coppia Pfeffer- Kranot che racconta conflitto israeliano - palestinese. Insomma il mondo arriva a Cetraro e Cetraro raggiunge il mondo: la Rassegna Cinematografica infatti è presente nel periodico di cultura cinematografica Quaderni di Cinemasud, che ospita i festival di cinema più importanti d’Italia e d’Europa e che privilegia i nuovi autori, il genere documentario e le cinematografie del Sud del mondo. Nel corso della rassegna verrà annunciata l’istituzione di una scuola di corti di animazione, che si terrà nella cittadina tirrenica e che potrebbe avvalersi del coinvolgimento dell’Università Federico II di Napoli, dell’Università di Salerno e dell’Università della Calabria. Il progetto sarà presentato domani nel corso della rassegna dall’architetto Raffaele Schiavullo, docente di intelligenze artificiali nell’ateneo partenopeo. ( Gazzetta del Sud 25 ottobre)

venerdì 26 ottobre 2007

Intervista a Serena Maffia

di Luca Fortunato

-"Sradicherei l'albero intero": quale albero?
Non certamente quello del peccato, come a molti piace credere. Sradicherei l’albero della falsità. Se Dio ci ha creato curiosi, che questa sete di conoscenza non si plachi con un succo di frutta clericale.

-Quanta forza hai?
Tanta. Anche se, basta che qualcuno mi sfiori il tallone perché io stramazzi al suolo.

-Come ti tieni in forma per sradicare gli alberi?
Tanto gelato!

-Sei più Braccio di Ferro o Bruto?
Senza dubbio Braccio di ferro.

-Tanti volti: quale donna?
La donna del mare, di Ibsen.

-A chi regaleresti la campana di vetro?
Ormai più a nessuno. L’ultima me l’hanno frantumata in testa.

Il sole, il cielo...

di Luca Fortunato


“Il sole, il cielo, l’odore e il sapore del mare…” sono il segno inconfondibile della terra di Calabria che Serena Maffia nasconde tra i versi, inneggiando il passato di grandi allori e amando “la mia terra è l’ulivo il mio corpo di sorgenti d’olio.” Pochi anni alle sue spalle ma lungo il cammino dei suoi passi che volge da una raccolta di poesie ad un’altra, da un testo per il teatro ad un altro, da un dipinto ad un altro ancora. Ora si è cimentata nella seconda pubblicazione del suo ultimo capolavoro in versi Sradicherei l’albero intero edito dalla Azimut che canta nella scioltezza delle parole un universo interiore approdato sulle rive del concreto presente. Una edizione così folgorante per il lettore che ha imprigionato anche Elisabetta Coraini noto personaggio della soap Cento Vetrine di Canale 5. L’attrice infatti ha affermato che: “mi stimola piacevoli emozioni visive e non solo, mi trascina in un mondo magico e insieme intimo e reale.… sono i versi di una giovane donna con una personalità, una forza d’animo, una saggezza fuori dal comune, e con un immenso bisogno di dare e di ricevere amore”.
Tanta forza questi versi della Maffia che si distendo dietro una macchina da presa per la regia di Fabrizio Portalupi e l’interpretazione della bella e coinvolgente Elisabetta Coraini. Il libro sarà presentato il 9 novembre alle ore 17:30 nel cuore di Trastevere nella città del Tempo, Roma, da Lidia GARGIULO, Francesco LIOCE, Plinio PERILLI, Alberto TONI e per esaltare il piacere delle emozioni sarà edita la visione del video girato sulle sillabe di Sradicherei l’albero intero.
Serena Maffia, spirito dinamico di sensazioni armoniche che si abbracciano ad un tempo di ricordi, ad un gioco di suoni che diventano sempre più nitidi fino a lasciare il posto ad un silenzio frastuono delle membra. Versi che cantano la storia come “intorno al cielo soltanto il mare” si accordano come un piano forte ed un violino alla musicalità penetrante, a tratti sconvolgente di ricerca della propria pace nei meandri di una Calabria che le appartiene e che è rivestita di foglie, di rami, di valli che sommergono il dipinto tetro di un androne tracciato di nero per quella terra dove il suo cuore ha aperto il vetro ed i suoi occhi si aprono all’immenso.
Maffia ha fatto un regalo alla sua terra, per qualche attimo i suoi versi ci proiettano in istanti dimenticati del germoglio fiorito che la Calabria poteva esprimere. Il suo libro è un gioco di luci e di ombre che si intrecciano e lasciano il passo al cuore, al puro amore che sorge nella vita di una donna, che sorge dentro di lei. Il sentimento è forte, incredibile, irraggiungibile che vuole custodire solo per lei in una campana “di vetro di sale. Sale di lacrime:le mie”.

Meritocrazia e istruzione:due cose incompatibili?

di Luigi Panfili


Nelle scorse settimane si è assistito alla proposta-shock del ministro Fioroni, il quale dichiarava che sarebbero ritornati gli esami di riparazione a settembre, come avveniva in passato. Ed ecco grandi levate di scudi dal mondo della scuola, in particolare da parte degli studenti, ecco immediati dibattiti parlamentari, con strepiti e critiche al ministro, al governo, a tutti.
Ma è proprio da questo episodio che voglio prendere le mosse per parlare di un argomento che nel nostro Belpaese è ancora tabù, un termine che al solo pronunciarlo si viene guardati male: il merito. Tanto si è dibattuto sui problemi ormai congeniti al nostro sistema scolastico, sulle nostre Università, ma anche sui guasti che quotidianamente vengono compiuti nei concorsi pubblici e nelle assunzioni da parte dei datori di lavoro. Il filo rosso che collega tutti questi temi, la scelta di base che si è chiamati a fare è sempre la medesima: nelle nostre scuole e nelle nostre università bisogna promuovere tutti sul presupposto che si è tutti uguali a questo mondo? O piuttosto si deve confidare sulla meritocrazia, e perciò distinguere il buono dal meno buono?
Il nostro sistema, a fronte di garanzie costituzionali e legislative tra le più all'avanguardia, nella pratica sembra rispondere sempre meno ai criteri meritocratici, e sempre più a quelli cooptativi, di lobby e appartenenza politica, sociale, economica. Oggi – per illustrare un esempio – i titoli di studio (diplomi, lauree, master) non servono quasi a nulla: il mondo del lavoro sente la pressante esigenza di valutare sempre e comunque una professionalità e una cultura assolutamente non garantite nemmeno dai voti più alti conseguiti al termine di un ciclo di studi. Allo stesso modo, l'imprenditore che vuole assumere un dipendente, poca o nessuna attenzione presta ormai al suo curriculum ricco di 100 e di 30 e lode e molto valuta le capacità effettive del singolo di saper svolgere con accuratezza e perizia le mansioni per cui è selezionato. Ugualmente, un professionista che vuole ampliare le proprie attività assumendo collaboratori, poco si interessa degli studi e dei risultati da questo conseguiti, molto invece si interessa di valutarne le capacità concrete e attuali nel saper svolgere il funzioni cui sarà preposto. Insomma, con questo intendo dire che alla base di tutto c'è una sostanziale sfiducia dei datori di lavoro più seri e per la maggior parte privati nei confronti del nostro sistema scolastico. E non a torto.
Di questi periodi si guarda alla scuola, elemento fondamentale di qualsiasi democrazia moderna e dal funzionamento della quale si misura la civiltà di una nazione, non come strumento, ma come fine. Mi spiego meglio: piuttosto che essere strumento di selezione dei migliori e di scarto dei peggiori (criterio meritocratico), la scuola è diventata fine ultimo di molti giovani. Essi infatti sono allo stesso tempo protagonisti e vittime insieme di questo cattivo sistema e si trovano, alla fine del percorso di studi, a dover dimostrare ancora e continuamente le proprie qualità certificate e attestate da scuole non più credibili. E' vero infatti che queste, non privilegiando i criteri di merito, consentono a tutti di andare avanti, di fatto rimandando sempre il momento di una seria verifica delle attitudini e delle potenzialità dei singoli, fin oltre il momento del primo impiego.
Il ministro Fioroni ha capito, e anche bene, la profonda “squalificazione” che caratterizza la nostra scuola, così come la nostra università. E il messaggio dell'altro giorno, così come altri provvedimenti recenti del suo dicastero ne sono un segnale inequivocabile. E' stato un risveglio doloroso per il ministro, il quale si è reso evidentemente conto che andando di questo passo presto avremo il crollo totale del nostro sistema di istruzione. A fronte di tanti guasti prodotti dalla riforma Berlinguer, la quale sembrava eliminare il concetto di merito dalle istituzioni scolastiche, e a fronte di altri guasti della riforma Moratti, si è cercato – fuori tempo massimo come al solito in Italia, ma ben venga – di porre un freno e un limite ad un sistema che io non esito a definire “degenerante”. I famosi “crediti formativi” nelle scuole medie superiori sono stati certamente una novità importante, ma ha portato a preferire la commedia e l'attività c.d. “formativa” alla grammatica italiana e alla matematica e fisica. Col risultato ben poco edificante che tutti noi oggi conosciamo poco l'italiano e abbiamo un gap notevole nei confronti degli altri paesi europei in fatto di preparazione scolastica scientifica. Siamo però ottimi commedianti, graziosi ballerini, eccellenti conoscitori dello strumento telematico, nonché splendidi musici, e via discorrendo. E nel mondo del lavoro spesso questo conta molto più di una perfetta conoscenza dei segreti della geometria. Si corre però il rischio di non distinguere bene cosa sia la scuola dell'obbligo e cosa – certamente altro – sia la scuola di canto, ballo, recitazione, informatica, musica e via dicendo. E nel frattempo, tutti promossi, anche con carenze gravi: per recuperare c'è sempre tempo!
Discorso non diverso vale per il mondo dell'Università. Con la differenza notevole dell'esistenza di due realtà sempre più differenti e distanti: le università statali, con sempre maggiori problemi di fondi e di finanziamenti; e le università private, a volte migliori a volte peggiori delle statali, ma certamente con più fondi disponibili, date le esose tasse che impongono ai propri studenti. Pregiudizio comune e frequente è che un Ateneo elitario e molto selettivo possa essere discriminante, perché i ricchi avrebbero maggior libertà di scelta, mentre i poveri – non avendo pari possibilità – si troverebbero costretti ad usufruire delle più scadenti strutture e delle meno prestigiose docenze. Io dico invece che aprire le università a tutti e renderle accessibili anche ai non meritevoli significa stravolgere il senso stesso dell'istituzione: gli Atenei, nati come centri di altissima formazione e di eccellenza si sono moltiplicati nel tempo sino a diventare un luogo accessibile a tutti, dove la selezione non si svolge o si svolge in modo inefficiente. E la soluzione per rendere più giusto il sistema non è – come da taluni profetizzato – aprire il mondo universitario a tutti e indistintamente. Anzi, sarebbe più giusto il contrario. Semmai sarebbe necessario aumentare ancora di più la selezione, privilegiando i più bravi e scoraggiando tutti coloro i quali non hanno i numeri per affrontare l'università. Quest'ultima non è un obbligo, non è una necessità: è una delle tante possibili scelte da farsi al termine delle scuole medie superiori. E non è assolutamente vero che i più bravi studenti universitari siano sempre i più ricchi. Tutt'altro: se si lavorasse su tasse e contributi, nonché sulle borse di studio, si permetterebbe anche ai non abbienti di affrontare le migliori università, portando ad unico criterio di selezione il merito e non più – come sempre più spesso avviene – il censo. E questo – secondo Alesina e Giavazzi, autori del fortunato pamphlet “Il liberismo è di sinistra” – può avvenire in due modi: addossando i costi delle università sugli effettivi utenti e non sul Contribuente; mettendo a punto un sistema efficace di borse di studio di merito, parzialmente di merito, ed esclusivamente a favore dei percettori di redditi più bassi. Da ciò risulta ovvio che si avrebbero degli incentivi notevoli a studiare, e farlo bene: i costi infatti ricadrebbero esclusivamente sulle famiglie degli iscritti ai corsi e non su tutti i contribuenti italiani. Con tali accorgimenti non si priverebbero i più meritevoli di alcunché. Anzi, si consentirebbe loro di vivere al meglio l'esperienza universitaria pur essendo in ipotesi del tutto sforniti di mezzi. Questa è meritocrazia. Questa è libertà.

mercoledì 17 ottobre 2007

A Irina Litmanovich il Premio Simona Gesmundo 2007

Sono entrambi stranieri i film d’animazione vincitori dell’edizione 2007 del Premio Simona Gesmundo Corti d’Animazione in programma a Cetraro il 26 ottobre prossimo, selezionati tra oltre 40 cortometraggi animati provenienti da tutta Europa. L’evento è inscritto nell’ambito della III edizione della Rassegna Cinematografica Internazionale “IL FIORE D’OGNI DOVE”, ideata e diretta da Matilde Tortora e curata dal Laboratorio Sperimentale G. Losardo.
Si tratta dei cortometraggi “Aal im Schadel” del regista tedesco Martin Rahmlow per la Sezione Digitale e “Khelom’s customs” della russa Irina Litmanovich per la Sezione Disegno Animato . Diverse analogie accomunano casualmente questi lavori: l’anno di produzione, il 2006, la giovane età dei due autori ed il fatto che entrambi i film sono stati presentati come tesi di laurea. Rahmlow si è infatti diplomato alla FilmAkademie di Baden-Wurttemberg, specializzandosi presso l’Animation Institute interno alla facoltà; la Litmanovich, dopo aver frequentato il Department of Visual Communication alla “Bezalel”Arts Academy di Gerusalemme ed aver lavorato come assistente alla regia e direttore artistico in vari studi, si è poi specializzata in regia alla Shar School-Studio di Mosca .
“Aal im schadel” (“Anguille”) racconta la storia di un viaggiatore, che soffre di una misteriosa malattia ed è alla ricerca disperata della la salvezza; “Khelom’s customs” (“Le usanze di Khelom”) è tratto da una leggenda in lingua yiddish e tradotta in russo.
Il Premio Simona Gesmundo Corti d’Animazione, sin dal suo esordio patrocinato dal Conseil du Cinema, de la Televisione et de la Communication Audiovisuelle dell’ Unesco , dalla Presidenza del Consiglio Regionale, dalla Provincia di Cosenza e dal Comune di Cetraro, è organizzata quest’anno in partecipazione con la Giornata Mondiale del Cinema d’Animazione e si avvale dell’importante patrocinio dell’ASIFA - International Animated Film Association.
La manifestazione, dedicata alla memoria della giovane studiosa di cinema e di linguaggi multimediali i cui studi innovativi hanno riscosso consensi e trovato applicazioni in Italia e all’estero, si avvale di una giuria internazionale, quest’anno presieduta da Monsieur Robert Kalman, membro del Comitato Esecutivo dell’ Unesco di Parigi che sarà l’ospite d’onore alla cerimonia del 26 ottobre. Nella scorsa edizione sono stati premiati per la sezione digitale Rags-Stracci di Massimo Carrier Ragazzi e Assenza di Lucia Belli per la sezione Disegno Animato. Sempre nel 2006 sono stati attribuiti riconoscimenti a Simone Massi e a Mario Oliverio, presidente onorario della Rassegna.
La Rassegna Cinematografica Internazionale “IL FIORE D’OGNI DOVE”- Premio Simona Gesmundo Corti d’animazione è presente nel periodico di cultura cinematografica Quaderni di Cinemasud, che ospita i festival di cinema più importanti d’Italia e d’Europa e che privilegia i nuovi autori, il genere documentario e le cinematografie del Sud del mondo.

sabato 13 ottobre 2007

Briganti Calabresi

Anche quest'anno l'Ottobrata Labicana IV Edizione ha fatto registrare una buona affluenza di pubblico. Il luogo: Labico, ad una trentina di Km da Roma. Grazie ad una impeccabile organizzazione la manifestazione ha goduto di variegati interventi: sportivi, gastronomici, ecologici, musicali. Il percorso di scambio culturale, che ormai caratterizza questo appuntamento, ha avuto come atto finale il concerto dei Calabria Logos, che dopo la Romagna e la Basilicata ha rappresentato la Calabria con canti e danze tradizionali nonchè con i brani già consolidati del repertorio. L'evento è stato organizzato dall'Associazione Gastronomica Enologica Labicana (AGEL) con il Patrocinio del Comune di Labico in collaborazione con L'A.S. Volley Labico e L'Associazione Ciclistica Labico.
Giorno 7 ottobre 2007 il gruppo cosentino è partito per la ridente località laziale. La sera dello stesso giorno si è esibito con il proprio spettacolo in seno all’Ottobrata Labicana, manifestazione che ha già riscosso molta notorietà nelle precedenti Edizioni. Ogni anno viene invitato un gruppo musicale rappresentativo della propria Regione. Quest'anno la scelta è caduta sulla Calabria e sui Calabria Logos. L'occasione era di quelle "ghiotte" trattandosi di Sagra Gastronomica con i suoi prodotti tipici. Per contorno i Calabria Logos hanno offerto ai presenti tarantelle, pizziche e serenate. Gli ingredienti indispensabili per le gustose pietanze calabre sono stati estrapolati da “Ancora sud”, l’ultimo lavoro scritto e diretto da Carlo Grillo che è anche il titolo del loro secondo Cd di recentissima uscita.
Musicisti impegnati nella rappresentazione: Carlo Grillo (chitarra classica, battente e voce) ; Antonio Grillo (tammorre e voce) ; Fausto Guido (fisarmonica) ; Carlo Mercuri (flauto e sax) ; Gennaro Sciarrotta (tammorre) ; Christian Beraldi (basso) ; Elena Tosi (corista) ; Carmela Ciardullo (voce narrante). Con la partecipazione della danzatrice Rosalba alle tarantelle ed alle pizziche e di Enzo Giliberti alle tammorriate.
Dopo lo spettacolo il gruppo ha pernottato a Labico e all'indomani si è resa obbligatoria una visita nella Capitale.

venerdì 12 ottobre 2007

Perugia Assisi: un’armoniosa poesia


Di Tiziana Prezio

Domenica 7 ottobre 2007 si è svolta la marcia della pace Perugia Assisi, è con tanto entusiasmo che posso dire c’ero anche io. E’ stato tutto molto bello, una poesia direi, armoniosa e spettacolare come le parole che si susseguono creando un’armonia irripetibile. E’ stato importante perché eravamo in tanti, 200.000 dicono gli organizzatori e la prefettura, tante persone, pochi politici, molte associazioni uniti nello stesso percorso e con lo stesso fine: dar voce ai diritti umani. Nell’anno in cui ricorre il 60 esimo anniversario della nascita dell’ONU, la Tavola della Pace ha scelto di mobilitare il suo “popolo arcobaleno” per ricordare che purtroppo i diritti umani sono costantemente calpestati e dimenticati. In questa prospettiva si è cercato di essere solidali con la protesta pacifica e silenziosa dei monaci buddisti del Myanmar, invitando i partecipanti a vestirsi con un indumento rosso. Così è stato, la gente ha risposto anche a questo invito. Erano tante le famiglie, i bambini presenti, facevano tenerezza perché saranno loro il destino di domani. Tanti mi hanno chiesto se per me è stato stancante, se ne è valsa la pena, se marciando ho risolto qualche cosa. E’ la speranza in un mondo migliore che ci fa andare avanti, nonostante le tante difficoltà, è stata dura certo, 24 km a piedi con sbalzi di temperatura fastidiosi non sono proprio simpaticissimi, ma ne è valsa la pena perché ho respirato un’aria migliore, mi sono confrontata con tante persone che mi hanno dato molto, ho sentito le parole di persone che non hanno alcuna intenzione di fare la parte dei Pinocchio di turno, perché il cammino della pace è duro, arduo, faticoso e lungo. Certo che non si risolve solo marciando per qualche km, ma quel giorno il mondo ha avuto un segnale unanime di pace.
E’ stata una marcia popolare. Un fiume di gente che si è ingrossato lungo la strada fino a riempirne un tratto di quindici chilometri. Moltissimi giovani e giovanissimi, molte famiglie, molte mamme con i loro figli in braccio. Poche bandiere di partito e di organizzazione. Ma tanta, tanta gente, sparsa un pò lungo tutto il tragitto fin su alla Rocca Maggiore di Assisi che si è colorata degli stendardi dei comuni piccoli e grandi che hanno scelto di partecipare “schierandosi” dalla parte della pace.
Una marcia così lunga, così ampia, così popolare, senza polemiche è un gran fatto positivo per chi si sente impegnato a costruire un Paese migliore in un mondo migliore. Bene hanno fatto (quasi tutti) i politici presenti a mescolarsi tra la folla senza strumentalizzazioni. Bene farà la politica se deciderà di rispondere alle domande di questa gente, a prendere atto dello spessore dei contenuti e delle proposte, se saprà aprire le istituzioni e i partiti alla società, se saprà investire su di essa, sul suo impegno quotidiano, ricco e generoso. Guai se dovessero prevalere ancora atteggiamenti di sufficienza o di superbia. Non c’è una politica di pace senza il sostegno e la partecipazione dei cittadini.
La Marcia dei diritti umani che è giunta ad Assisi prosegue nelle nostre città, nelle nostre scuole, nei luoghi di lavoro, nelle nostre mille associazioni, negli enti locali per la pace. E’ una marcia faticosa ma positiva, propositiva e costruttiva. Il rammarico che io personalmente mi porto dentro è il silenzio, la pigrizia, l’indifferenza delle istituzioni, delle parrocchie, delle scuole, delle associazioni del mio paese e dei paesi limitrofi. E mi domando perché, perché si predica bene e poi … non si partecipa mai? Mi domando se i silenziosi del 7 ottobre parteciperanno alla prossima giornata diocesana della pace come hanno fatto anche gli anni scorsi. E allora perché non si agisce localmente pensando globalmente? Ma nonostante le molte delusioni è con una speranza che mi addormento la sera, è la solita frase di don Tonino Bello che mi frulla nella testa: "Chi spera cammina, non fugge. Si incarna nella storia. Costruisce il futuro, non lo attende soltanto". Buon Cammino a tutti!

mercoledì 10 ottobre 2007

Verso una scuola di corti di animazione a Cetraro

di Gaetano Bencivinni

Primi passi verso la possibile istituzione di una scuola di corti di animazione a Cetraro.
Il sindaco Giusepe Aieta ha contattato l’architetto Raffaele Schiavullo, docente di intelligenze artificiali all’Università Federico II di Napoli, al fine di avviare un confronto tecnico su percorsi, strumenti ed eventuale accesso a fonti di finanziamento specifico.
Il 26 ottobre prossimo Schiavullo sarà a Cetraro ed avrà modo di illustrare l’idea progetto nel corso della terza edizione della Rassegna Internazionale del Cinema Il fiore d’ogni dove- Premio Simona Gesmundo- Corti di animazione.
A fine settembre scorso l’ipotesi di istituire una scuola a Cetraro e a Pagani in Campania era stata prospettata al sindaco ed al presidente del consiglio comunale Rudi Angilica dalla scrittrice Matilde Tortora e da Gaetano Gesmundo, che avevano indicato i possibili percorsi da seguire nell’ambito di un gemellaggio tra Cetraro e il comune campano.
La scuola si potrebbe avvalere del possibile coinvolgimento dell’Università Federico II di Napoli, dell’Università di Salerno e dell’UNICAL.
Nell’occasione Aieta ed Angilica avevano manifestato la piena disponibilità del Comune di Cetraro a verificare la fattibilità dell’iniziativa, considerata interessante e meritevole d’attenzione.
Il corso di formazione si dovrebbe s volgere nell’arco di un biennio per un numero complessivo di 600 ore.
A conclusione del corso, ogni allievo sarà in grado di utilizzare in modo creativo le intelligenze artificiali per l’animazione del disegno digitale.
Una figura professionale nuova che potrebbe trovare accesso nel mondo dei nuovi lavori.

domenica 7 ottobre 2007

Marcia per la pace Perugia-Assisi 2007

7 ottobre 2007, tutti i diritti umani per tutti.
Controcorrenteonline partecipa idealmente alla marcia per la pace da Perugia ad Assisi.

venerdì 5 ottobre 2007

Il trailer di Vienna da Fuscaldo

Ecco il trailerdel film di Fabio Marra sulla vita della madre di San Francesco di Paola.

Antipolitica: l'ennesima muta del serpente italiano?

di Luigi Panfili



Recentemente il ciclone dell'antipolitica ha monopolizzato l'attenzione mediatica nazionale, scatenando un'aspra polemica. Ma che cosa sia questa antipolitica sono davvero in pochi a comprenderlo.
C'è chi – come buona parte della politica italiana attualmente al potere – non conosce qualificazioni della politica: non esiste buona o cattiva politica. Esiste solo la politica, così per come concepita da questa classe dirigente, decisamente avanti con gli anni e sicuramente ormai alla fine di un ciclo iniziato negli anni '60-'70 e proseguito indenne per decenni, sotto l'egida della DC e del PCI prima, del Polo e dell'Ulivo poi.
In questo lasso di tempo si sono visti gli effetti e si sono provate le conseguenze del “sessantotto”; si è cavalcata l'onda dello stato d'emergenza causato dal terrorismo (rosso, nero, poco importa) e dalla mafia; si è conosciuto delle trame eversive ordite dalle logge massoniche coperte e dei colpi di stato predisposti fin nei più piccoli particolari (ma fortunatamente mai attuati); si è vista la fine della guerra fredda e del duopolio USA-URSS che ha caratterizzato la politica internazionale fino alle soglie del 1990. Tanta acqua è passata sotto i ponti. Ma la classe politica italiana – e i partiti che ne sono stati espressione – non sono mai cambiati. Sia nelle persone che nelle strutture.
La c.d. “seconda Repubblica”, locuzione con cui si indica ormai correntemente la nuova classe politica emersa dopo le indagini di Tangentopoli, in realtà non è stato altro che una muta del serpente della politica: la sostanza è cambiata poco o nulla. A fronte di cambiamenti epocali che avvenivano nella società, nell'economia, nei costumi e nelle visioni politiche, in Italia ci si è limitati ai soliti “pannicelli caldi” cui siamo da sempre stati abituati.
Ecco perché oggi la strabiliante ondata di consensi catalizzati da Beppe Grillo ingenera nella nostra classe politica dei veri e propri attacchi di panico. Il vaso di Pandora scoperchiato dal comico genovese ha avuto tale successo perché non più rispondente alle vetuste logiche di partito: attraverso l'uso della rete, Grillo è riuscito a sfruttare una forma di comunicazione non censurabile, non lottizzabile e non controllabile dalla politica. La scarsa conoscenza e ancor più scarsa capacità di fare uso di Internet da parte degli attuali esponenti della classe dirigente del paese, ha fatto sì che nessuno si accorgesse di nulla fino alla nota manifestazione del V-Day di Bologna. La raccolta in poche ore di più di duecentomila firme, per concretizzare una legge di iniziativa popolare contenente norme che impediscano a persone condannate a titolo definitivo di sedere sui banchi del Parlamento, è stata una performance straordinaria. Tutto ciò – come ha scritto Sartori sulle colonne del Corriere della Sera – ha fatto veramente mancare la terra sotto i piedi a quanti come Prodi e Berlusconi, forti del controllo mediatico dei mass-media tradizionali, si sentivano sicuri e inattaccabili così come è stato negli ultimi cinquant'anni per la politica italiana.
Il “Vaffanculo-day” di Bologna ha messo in luce (in modo eclatante e plateale) le mancanze più evidenti della classe politica italiana. In primo luogo, il venire meno della questione morale: oggi in Italia si ha una concezione della politica alquanto affaristica, piuttosto che di servizio reso nell'interesse della nazione. Non ci si pone più il problema di ciò che sia giusto o sbagliato, ma solo se sia conveniente o meno in termini di consenso nel breve termine. Il politico mira soprattutto a garantirsi la rielezione, cercando di venire incontro a qualsiasi istanza proveniente dal corpo elettorale. Se questa poi sia lodevole o meno, giusta o sbagliata, moralmente deprecabile o integerrima, questo poco importa.
In secondo luogo è necessario riconoscere che la politica italiana è vittima di una forma acuta di autopoiesi chiusa: è un sistema autoreferenziale che continuamente ruota intorno a sé stesso, stabilendo prima le regole e violandole un attimo dopo; affermando di essere sempre dalla parte giusta, pur commettendo errori marchiani; credendo di non doversi mai sottoporre ad alcun tipo di controllo o di sindacato (sia esso solo politico, o anche giudiziario). Questa è la “Casta” cui i giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo si riferiscono nel loro libro, vera e propria Bibbia da tenere sempre sul comodino per qualsiasi buon politico italiano.
Altro elemento a mio avviso fondamentale è la sostanziale vecchiezza della nostra classe politica: nel Regno Unito il premier Tony Blair ha governato il paese per ben dieci anni, fino ai cinquant'anni; anche negli Stati Uniti il presidente Bush, così come Clinton prima di lui, è salito alla Casa Bianca intorno ai cinquant'anni; e così Putin in Russia e Sarkozy in Francia. In Spagna Zapatero (e Aznàr prima di lui) sono diventati primi ministri addirittura prima, a quarant'anni! In Italia invece a quarant'anni si è ancora portaborse (possibilmente pagati in nero); a cinquant'anni ci si affaccia alla politica che conta. Ma per avere la guida del paese bisogna averne almeno settanta: Berlusconi e Prodi ne sono la dimostrazione. Probabilmente, come intelligentemente sottolineato da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi nel loro pamphlet “Il Liberismo è di Sinistra”, la crisi della politica è dovuta in gran parte alla mancata capacità di rinnovamento e di ricambio che affligge il nostro sistema partitico. Le novità, che pur ciclicamente compaiono in Italia, tanto tra i leaders quanto nei programmi, o non danno frutti, o – peggio ancora – vengono inglobate dalle realtà preesistenti. Se poi le stesse arrivino mai al potere, immediatamente si adeguano al sistema, diventando parte integrante della stessa classe politica precedentemente criticata. E' successo con la Lega Nord, è successo con Forza Italia, è successo con i girotondini e con i radicali. E lo stato attuale delle cose non mi fa ben sperare anche per il nascente Partito Democratico, chiunque ne diventi il segretario.
Infine bisogna notare – come dimostrazione del sopirsi in Italia della coscienza critica dell'opinione pubblica – quale risonanza mediatica abbia avuto quello che in ultima analisi è stato uno spettacolo di un comico. Il Vaffanculo-Day di Beppe Grillo, per toni e per modi, è stato più uno show teatrale che una vera e propria manifestazione politica. Tuttavia i contenuti e l'oggetto del V-Day hanno sollevato e reso palesi tutti i suddetti temi, certamente tra quelli di più scottante attualità. Temi che dovrebbero essere all'ordine del giorno in Parlamento e in qualsiasi dibattito televisivo, nonché al centro dell'attenzione da parte dell'opinione pubblica, sono stati trattati e discussi da un comico. E tutto ciò la dice lunga sull'incapacità della nostra attuale classe dirigente di prospettare soluzioni vere ai problemi più pressanti che il paese ha bisogno di risolvere.
Sarà questa l'ennesima muta del serpente italiano?