lunedì 28 gennaio 2008

Il regista Daniele Cribari a Diamante

Per una sera Diamante diventa la regina del cinema d’animazione: il 16 febbraio prossimo alle ore 17.30 presso il museo d’Arte Contemporanea della città dei murales avrà luogo una vetrina di film d’animazione a cura del Laboratorio Sperimentale G. Losardo, associazione culturale che si propone di valorizzare i giovani talenti nella fascia compresa tra Diamante e Paola.
La manifestazione, patrocinata dall’amministrazione comunale di Diamante, ospiterà l’associazione “Lo scoiattolo” di Sangineto, nonché alcuni rappresentanti del Forum delle Associazioni diamantesi. nell’ambito del piano di raccordo delle associazioni promosso dallo stesso Laboratorio Losardo.
Saranno mostrati gli 8 migliori film d ‘animazione sia italiani che provenienti da diversi paesi europei già in concorso all’ultima edizione del Premio Simona Gesmundo Corti d’Animazione, realizzato il 26 ottobre scorso e dedicato alla memoria della giovane studiosa di cinema e di linguaggi multimediali.
I cortometraggi in proiezione, raggruppati secondo la valutazione della giuria internazionale del Premio in due sezioni -“Animazione in Digitale” e “Disegno animato”sono: Khelom’s Customs di Irina Litmanovich, Aal im Schadel di Martin Rahmlow (vincitori 2007), Life sucks di Edoardo Troilo, Moon di Andrea Pierri, Il Dettato di Lavinia Chianello e Tomas Creus, Cafè l’Amour di Giorgio Valentini, One Two Three di Dora Keresztes e God on our side di Michael Pfeffer e Uri Kranot.
Sono previsti gli interventi del sindaco di Diamante, Ernesto Magorno, dell’assessore comunale alla cultura Battista Maulicino, del presidente del Laboratorio G. Losardo Gaetano Bencivinni, e dell’assessore provinciale alla cultura Stefania Covello. Parteciperanno anche il regista fiorentino Daniele Cribari, la dott.ssa Annalisa Ferraguto, presidente dell’AIAS sez. Cetraro, il prof. Luigi De Francesco, direttore artistico del Laboratorio Sperimentale G. Losardo. Durante la serata, sarà inoltre conferito il riconoscimento “Cristo d’argento” al giornalista RAI Vincenzo Mollica. Coordina Francesca Villani, referente Editoria e Comunicazione Laboratorio Losardo.
Il Premio Simona Gesmundo Corti d’animazione costituisce un evento unico in Calabria, in quanto la promozione del cinema d’animazione è di solito confinata negli spazi ristretti dei festival specializzati o nelle rassegne per addetti ai lavori, più spesso al norditalia. Oggi sono oggi in produzione numerosi progetti italiani, sia per la televisione che per il cinema, ed il pubblico –anche adulto- sta finalmente scoprendo che anche l'animazione può essere cinema di qualità e soprattutto un’arte tra le più aperte alla sperimentazione e terreno fertile per le nuove tecnologie.

Scuola di cinema di animazione Gesmundo

di Gaetano Bencivinni

Okay tecnico del direttore generale del PON Sicurezza Luca Mannarino alla proposta di istituire a Cetraro una scuola di cinema d’animazione, dedicata alla memoria di Simona Gesmundo, giovane talento cinematografico, prematuramente scomparsa.
Giovedì 24 gennaio nell’ufficio del sindaco Giuseppe Aieta, il professor Raffaele Schiavullo, docente di Intelligenze Artificiali all’università Federico II di Napoli, e Luca Mannarino hanno tracciato il percorso da seguire per la realizzazione della scuola, che potrebbe essere operativa sin dall’ottobre prossimo.
Formazione di qualità, preparazione di eccellenza e prove di accesso rigorosamente selettive per i quindici allievi paganti, che frequenteranno il corso biennale che prevede 250 ore di lezione. Una sorta di corso di perfezionamento che metterà gli allievi nelle condizioni di padroneggiare con elevata competenza le tecniche del disegno animato e del montaggio digitale.
Il personale docente, altamente qualificato, sarà messo a disposizione dall’Università Federico II e dall’Università della Calabria.
Il sindaco Giuseppe Aieta, che riveste anche la carica di presidente del PON Sicurezza Legalità, Sviluppo e Tirreno, ha assunto l’impegno per il Comune di Cetraro di mettere a disposizione locali adeguati ad ospitare la scuola di cinema.
La scuola si collega alla Rassegna Internazionale del Cinema Il fiore di ogni dove, di cui è presidente onorario Maro Oliverio, presidente dell’amministrazione provinciale di Cosenza, e si avvale della collaborazione della sezione Cinema dell’UNESCO di Parigi e dell’ASIFA, associazione mondiale dei corti di animazione.
Allo stato attuale, i soggetti promotori sono il Comune di Cetraro, il PON Sicurezza, il Laboratorio Losardo e l’associazione Simona Gesmundo di Napoli.

Francis Crawford a S. Nicola Arcella

di Carlo Andreoli

Una risorsa singolare del panorama costiero calabrese è data dalle torri di vedetta. Furono costruite, dal Viceregno Spagnolo, sullo scorcio del ‘500; per tentare una difesa dalle frequenti incursioni delle orde turchesche. Ed oggi costituiscono un patrimonio architettonico d’autentica bellezza; che racchiude spesso piacevoli memorie d’ordine storico o talora letterario.
Com’è il caso, ad esempio, della Torre Saracena di S. Nicola Arcella; situata sopra un contrafforte che protegge la baia del porto naturale di S. Nicola.
Sui primi del ‘900, questa torre fu infatti dimora occasionale dello scrittore americano Francis Crawford; che vi soggiornò a lungo e vi scrisse alcuni dei suoi tanti romanzi che lo resero celebre in America ed Europa.
Crawford nacque in Italia nel 1854, a Bagni di Lucca, dove la sua famiglia risiedeva. E, dopo avere studiato in America, si trasferì presto in Europa; dove, giunto a Roma, s’interessò soprattutto allo studio delle civiltà orientali. La letteratura anglosassone d’allora aveva una spiccata propensione verso l’elemento fantastico: Edgar Allan Poe, in America, ed Arthur Conan Doyle, in Inghilterra, sono soltanto le punte d’eccellenza d’un interesse profondo per il mondo del mistero che s’univa alla letteratura europea decadente. A tutto questo, Crawford aggiunse una nota di colore che mescolava il fascino di remoti luoghi del Mediterraneo a vicende d’amore e morte, evocate da memorie secolari. E per assecondare questo suo talento, prese dimora stabile a Sant’Agnello di Sorrento; dove si sposò e rimise in sesto un vecchio casolare, facendone una dimora signorile. Ma Crawford , oltre che scrittore di successo, era pure un appassionato della vela. Ed un giorno, proprio navigando col suo veliero insieme colla moglie e un marinaio, giunse per caso nella rada di S. Nicola Arcella. E, preso dalla visione della spiaggia, dell’Arco Magno e della torre di vedetta; chiese ed ottenne di scegliere quest’ultima a dimora: sentendo, forse, tra le antiche mura della torre parte di quell’ombra di mistero che gli era necessaria per comporre i suoi romanzi.
La sua mania di personalizzare i luoghi che abitava gli fece anche scavare, lì nei pressi, una fontana; sul cui frontale scrisse, con un certo orgoglio: “O marinai che vi dissetate su questo lido, pregate per l’anima di colui che aperse questa fonte”.
La sua curiosità di viaggiatore lo spinse, invece, a visitare i resti suggestivi del Palazzo Lanza Branciforte, il casaletto e la chiesa di S. Nicola da Tolentino. Ovvero ad avventurarsi sulla spiaggia fino allo “scoglio-balena”, come lui chiamava quell’anfratto di scogliera dove il mare insinuandosi n’esce fuori ancor oggi con uno sbuffo furioso.
Insomma, per qualche tempo, questo elegante signore, di circa 50 anni, distinto e raffinato nei modi ma cordiale, fu visto frequentare ogni parte di S. Nicola Arcella; rimanendo impresso nella memoria di molti che ne associavano l’immagine al veliero ormeggiato sulla spiaggia.
Ed a S. Nicola Arcella, Crawford scrisse pure uno dei suoi ultimi romanzi, “The diva’s ruby”, nel settembre del 1907, prima di morire a Sorrento nel 1909. Una testimonianza forse d’amore per un luogo che gli aveva dato tanto; consentendogli d’udire tra le mura della torre saracena echi di suoni lontani e di vedere dai suoi spiragli la lontananza d’orizzonti marini dove sola giunge ogni speranza.


Radio1One
(Venerdì 25 Gennaio 2008)

venerdì 25 gennaio 2008

Corti di animazione a Diamante

di Tiziana Ruffo

Si avvia una seconda collaborazione tra l’amministrazione comunale di Diamante e il Laboratorio sperimentale “Giovanni Losardo” , associazione culturale, che si propone di valorizzare i giovani talenti nella fascia compresa tra Diamante e Paola. Il 16 febbraio prossimo al “Dac”, Museo d’arte contemporanea, alle ore 17,30, si svolgerà una vetrina dei corti d’animazione che prevede la proiezione di otto cortometraggi, 4 stranieri e 4 italiani, che hanno partecipato al concorso internazionale “Premio Simona Gesmundo” collegato alla terza edizione della rassegna internazionale del cinema. Nell’occasione sarà conferita il “Cristo d’argento” al giornalista Rai, Vincenzo Mollica. L’iniziativa si svolgerà di concerto con l’associazione “Lo scoiattolo” di Sangineto, nell’ambito del piano di raccordo delle associazioni promosso dal laboratorio Losardo, presieduto da Gaetano Bencivinni. Sono previsti gli interventi del sindaco di Diamante Ernesto Magorno, dell’assessore alla Cultura Battista Maulicino, del presidente de Lo scoiattolo Annalisa Ferraguto, del direttore artistico del Laborato Luigi De Francesco. Coordina la serata Francesca Villani, responsabile editoria e comunicazione dell’associazione Losardo. ( Gazzetta del Sud 19.01.2008)

domenica 20 gennaio 2008

Il complesso medievale di S. Michele a S. Maria del Cedro

di Carlo Andreoli

Lo scorso ottobre, il Ministero per i Beni Culturali, nell’ambito dell’iniziativa MaratonArte tesa a raccogliere fondi per il recupero d’alcuni siti d’interesse nazionale, ha inserito tra i suoi obiettivi prioritari anche il complesso medievale di S. Michele che si trova nel comune di S. Maria del Cedro.
Una scelta mirata e previdente che valorizza oltre tutto un territorio che presenta senza dubbio elementi di pregio singolare.
Nella vallata di S. Maria sono infatti radunate testimonianze che vanno dal periodo magno-greco fino all’evo moderno: come i resti della città ellenica di Laos, vestigia della civiltà basiliana, monumenti della dominazione normanna, esemplari notevoli d’architettura del ‘500 – come il Carcere dell’Impresa – o d’urbanistica del ‘600 – come la piazza quadrilatera dell’antico centro urbano voluto dai Brancati.
E tutto questo insieme, eterogeneo ma composito, si distende nella cornice pittoresca del verde delle cedriere; che da tempo immemorabile allignano in questa piana della bassa valle del Lao.
Ma vediamo d’appuntare l’attenzione sul complesso medievale di S. Michele; per notarne brevemente la sostanza.
Lungo il corso del fiume Abatemarco, che dava nome un tempo all’abitato originario, sopra un costone di roccia s’intravede il profilo d’un castello che incombe sopra i resti d’una chiesa.
Il castello è quanto rimane della rocca fondata dai Normanni ed ampliata nei secoli a venire dai vari feudatari che regnarono sul luogo.
La chiesa, intitolata a S. Michele, faceva invece parte d’un’abbazia benedettina che, poco dopo il Mille, s’insediò lassù; prendendo forse il posto d’un asceterio basiliano che vide la frequentazione di figure carismatiche della chiesa calabrese: come Nilo da Rossano.
Ma è mirabile osservare come entrambi restituiscano l’immagine del potere temporale e spirituale che lungo molti secoli contrassegnò quella contrada; ch’era peraltro luogo di transito frequente tra i due mari di Calabria. Unendo l’uno all’altro in un profilo unico che ci dice come chiesa e castello fossero tutt’uno e vivessero nei secoli passati della stessa sorte: unificando il misticismo della badia benedettina all’aria di corte del maniero soprastante.
Dei resti della Chiesa di S. Michele fanno pure parte due affreschi suggestivi che, staccati dalle mura e restaurati, si trovano oggi collocati nella Casa Comunale di S. Maria del Cedro.
Si tratta d’un S. Sebastiano ch’è legato a un tronco d’albero mentre un angelo gli cinge la testa della corona del martirio. E d’una Madonna col Bambino che sta in mezzo a S. Leonardo e un Santo Vescovo.
Sono due dipinti solcati da ampie lacune d’intonaco; ma che conservano ancora intatta una grazia pittorica di sapore candido e ingenuo.
Quel fiato d’umanità religiosa che l’arte delle chiese romaniche riuscì ad infondere alle figure ieratiche della passata tradizione bizantina; insegnando che il rispetto di Dio parte sempre e comunque dal rispetto dell’uomo.
Un tassello importante, quindi, della pittura sacra della Calabria Cosentina; che gli affreschi superstiti di S. Maria del Cedro ci consentono ancora oggi di cogliere: in tutta la sua fuggevole grazia di colori.


Radio1One
(Venerdì 18 Gennaio 2008)

domenica 13 gennaio 2008

Organi d’arte del Tirreno Cosentino

di Carlo Andreoli



L’arte organaria ha avuto in Calabria un esponente di rilievo in Giovanni Donadio detto il Mormando. Che fu Maestro di Cappella alla Corte Aragonese di Napoli e costruttore d’organi tra i più eccelsi di tutto il Meridione.
E d’organi d’arte ci occuperemo oggi; facendo una breve panoramica degli esemplari più notevoli presenti sul Tirreno Cosentino, selezionati per pregio artistico o per la loro antichità. Rilevando che un’opera siffatta si raccomanda per la qualità sonora di strumento, come pure per la finezza di concezione architettonica e decorativa.
Andando a ritroso nel tempo, troviamo dunque un interessante esemplare del ‘600 nella Chiesa di S. Maria della Visitazione di Aieta. L’organo risale propriamente al 1673 ed è probabilmente opera di Gabriele Bossi; che aveva bottega a Bergamo e discendeva da un’antica famiglia d’organai già attiva nel Canton Ticino. Si tratta, dunque, d’un esemplare unico in Calabria; che può costituire giusto vanto per il patrimonio d’arte della città d’Aieta.
Al secolo successivo, il ‘700, rimontano invece due pezzi piuttosto singolari.
Nella Chiesa di S. Benedetto di Cetraro è conservato, infatti, in cantorìa un organo tra i più belli della scuola napoletana. Ricco d’intagli dorati, decorazioni ed angeli musici, è stato restaurato di recente; e le sue risorse acustiche hanno mostrato un registro complesso e variegato: capace d’adattarsi agevolmente ad ogni evento della liturgia.
Nella Chiesa di Montevergine di Paola è custodito poi un organo risalente al 1752. Racchiuso in una cassa di pregevole fattura, esso reca sulle ante di chiusura bei decori a motivi vegetali su fondo rosso lacca. La fronte, scompartita in tre campate da pilastrini rastremati, racchiude il fascio delle canne a profilo piramidale. Intagli in oro e motivi di ghirlande sopra un fondo scuro ne completano finemente l’aspetto.
Tra gli esemplari risalenti all’800, ne segnalo ancora due: d’impianto originale e d’eleganza ricercata.
A Verbicaro, nella Chiesa di S. Maria del Piano è un organo di bottega locale; costruito a Rotonda, in Basilicata, dai Maestri Tripaldi e Mastrolorenzo. Ha un disegno più unico che raro; che abbina con gran disinvoltura motivi classici a stilemi neogotici; e reca sulla cimasa due putti a tutto tondo divisi da una ghirlanda in legno: un esempio, dunque, di fattura originale delle maestranze del Pollino.
Ed ancora a Paola, nella Chiesa del Rosario, un capolavoro di levigata eleganza ci è dato dalla cantorìa; che ospita, nel mezzo, un maestoso organo del 1888 di Pacifico Inzoli; recante, sui cassoni laterali, bei dipinti che riproducono strumenti musicali.
Insomma, quanto basta per dire che nelle nostre chiese - oltre a quadri, sculture, affreschi ed altari - è possibile ammirare – ed anche sentire, in questo caso – opere d’arte, come gli organi, che da sempre hanno accompagnato la celebrazione dei riti religiosi. Riempendo la navata del loro suono grave e mistico. Un suono che giunge spesso da legni, avori e bronzi confezionati in epoche lontane. Ma che ancora fa sentire la sua voce suggestiva.

Radio1One
(Venerdì 11 Gennaio 2008)

domenica 6 gennaio 2008

IL BIANCO E IL NERO

di Gaetano Bencivinni


Gli opposti sono il principio delle cose. Bianco e nero, maschio e femmina, pari e dispari e così via. Lo sosteneva il medico Alcmeone, contemporaneo di Pitagora, vissuto a Crotone intorno al 500 avanti Cristo.
Una spiegazione semplicistica, che oggi potrebbe farci sorridere, ma che allora, nel mondo antico, era considerato un importante contributo allo sforzo del pensiero filosofico di fornire una spiegazione più o meno soddisfacente dei fenomeni naturali.
Dobbiamo attendere l’Enciclopedia delle scienze filosofiche di Hegel, per capire che il reale è l’unità dialettica degli opposti. Dobbiamo attendere il materialismo dialettico di Marx, per capire che la coppia “ uomo e natura”, attraverso il processo lavorativo, dà vita ai diversi modi di produzione, che caratterizzano il percorso della storia.
Dobbiamo attendere il pensiero moderno, per capire che l’armonia tra “ naturale ed artificiale” è decisiva per dar vita a quello che oggi chiamiamo “ sviluppo sostenibile”. Dobbiamo attendere il pensiero contemporaneo, per capire che la coppia “ globale e locale” è decisiva per decodificare la complessità della realtà circostante.
L’Uno deve rispettare l’Altro. La reciprocità sta alla base dell’armonia del Cosmo.
Queste cose diceva il medico Alcmeone, filosofo presocratico, troppo spesso dimenticato.

sabato 5 gennaio 2008

SOLDATO DI PACE

di Vincenzo Andraous

Già in quel lontano 1988, quando Benazir Bhutto salì al potere in Pakistan, il mondo intero non credette al messaggio che perveniva da un’umanità sempre più derelitta.
Il mondo non credette all’occasione storica di cambiamento, di emancipazione di un popolo attraverso una nuova generazione di donne, con idee e leggi morali non più mutilate da pressioni fondamentaliste non sempre riconducibili alle solite interpretazioni coraniche.
Il mondo non credette a un messaggio chiaro e diretto, non tramutò quel dovere di giustizia in eredità di vita, non credette neppure al successivo richiamo delle coscienze nel 1993, non credette nella storia personale di una famiglia che gridava giustizia, per la troppa ingiustizia ricevuta e vergata nel proprio DNA.
Quel mondo “intero” ora non potrà sottrarsi dal farci i conti, non potrà ritenersi escluso da una qualche responsabilità, per una morte, quest’ultima, almeno, svenduta al miglior offerente.
Non un suicidio annunciato come qualcuno vorrebbe dare da intendere nell’intento di licenziare sbrigativamente l’inciampo, ma un omicidio perpetrato da esecutori ben conosciuti, ma con la complicità della disattenzione politica di Stati e Governi.
Certamente questi uomini del potere non hanno fornito le pistole, gli esplosivi, il materiale umano implodente, ma hanno consentito attraverso la falsa informazione, la comunicazione contaminata e contaminante, la distillazione ubriacante del ritorno in patria di una nascente democrazia.
Questo Occidente autonominatosi gendarme del mondo, soldato di pace e giustizia, custode delle ricchezze dell’universo, si è lasciato sfuggire l’occasione di difendere il valore per cui è nato, la libertà e le scelte di una nazione oppressa.
Questa perdita apparirà alla fine un incidente di percorso, un’assenza di rimbalzo, affinchè il Pakistan possa partorire un’era di riforme e di equità sociale.
Senza volere costruire castelli dietrologici, fantapolitici, già fin troppe le agenzie specializzate in questo campo, per rendere comprensibile il senso di questa macelleria d’accatto, basta pensare ai tanti investimenti, alla pubblicità, alle immagini e al consueto corollario di discorsi cattedratici, per favorire riscatto e dignità alle donne musulmane, a tutte le donne della terra, dal giogo di una religione che, mal interpretata, diffonde sottomissione e crudeltà.
Forse per quel soldato di pace ora è giunto il tempo di non volgere le spalle alla possibilità di pensare in maniera nuova all’uomo, in maniera nuova alla convivenza dell’umanità, in maniera nuova le vie della storia e i destini del mondo, come nelle parole di San Paolo: per rivestire l’uomo nuovo, appunto, occorre ripartire dalla Giustizia e Santità della verità.

Un parco marino nella Riviera dei cedri

di Tiziana Ruffo

“Non più una visione in negativo dei parchi, dovremmo cominciare a realizzare la cultura del rispetto conservativo e promozionale dell’ambiente, e il parco valorizzerebbe le peculiarità della zona: dal ripascimento della flora e fauna all’impatto positivo che avrebbe sullo sviluppo del turismo”. La senatrice Antonella Bruno Ganeri, ex sindaco di Paola, rilancia l’idea del Parco Marino “Riviera dei cedri” e sottolinea la necessità di puntare sullo sviluppo sostenibile in grado di valorizzare le tante risorse ambientali di cui il territorio dispone: marchio d’area dovrebbero essere il cedro, il collegamento fluviale tra il Parco Marino e il Parco del Pollino. “Noi abbiamo un vantaggio - ha evidenziato la senatrice- una caratteristica che poche zone d’Italia hanno: la distanza relativamente breve tra il mare e la montagna, abbiamo un parco del Pollino e dei camminamenti fluviali che sono tra i più belli, collegare attraverso una via fluviale il parco dell’interno con il parco marino”. L’idea dello sviluppo non può basarsi unicamente sulla espansione edilizia “crescita e sviluppo legata al mattone” ma deve, secondo la Ganeri, invece, modificarsi profondamente pensando alla piena valorizzazione del significato dei luoghi e dei paesaggi in un’ottica di rilancio del turismo di qualità. Ma il parco è conciliabile con l’idea di una portualità diffusa? Secondo la senatrice potrebbe anche esservi un circuito virtuoso tra il Parco Marino “a condizione che i porti non compromettano le potenzialità ambientali del territorio e svolgano una funzione importante delle nuove vie del mare”. L’idea del parco, nata nel 2000, con l’obiettivo di legare echi letterari nostalgici ad una visione turistica e di proiezione verso il futuro, fu proposta dalla stessa Ganeri al Senato ed alla Camera da l’on. Mario Oliverio e venne condivisa, a suo tempo, dal governo che inserì nella finanziaria 2 milioni di euro finalizzati proprio alla riperimetrazione del parco. ( Gazzetta del Sud 4 gennaio 2008)

Umberto Baglioni: uno scultore di Scalea a Torino

di Carlo Andreoli

Molto spesso la Calabria ha visto nascere talenti che si sono poi affermati altrove. Ed uno di questi, del tutto ignoto ancora al pubblico locale, è Umberto Baglioni; che fu scultore del primo ‘900 italiano.
Baglioni nacque a Scalea nel 1893; ma francamente poco altro si sa del periodo della sua infanzia, a Scalea ed in Calabria. E’ certo, invece, che, intorno al 1917, dopo essere passato per Firenze, si stabilì a Torino: dove divenne allievo, all’Accademia Albertina, d’un celebre maestro: Edoardo Rubino. Nella Torino di quei tempi, ricca di voghe e di fermenti, teneva ancora piede un’arte scapigliata, ch’era prossima al liberty; ma s’iniziava pure ad affermare, con l’avvento del Fascismo, una sorta di gusto ‘neolatino’: di cui, appunto, Baglioni fu una delle tipiche espressioni.
Intorno al ’20, apre in conto proprio a Torino uno studio di scultura; ed inizia ad esporre le sue opere alla Promotrice di Belle Arti ed al Circolo degli Artisti. Diviene già maestro affermato; e si ritrova tra i suoi allievi uno scultore come Luigi Comazzi; che gli starà a fianco per quasi 15 anni.
Si dedica pure all’arte sacra; ed espone, nel ’30, alla Mostra d’Arte Sacra di Roma una sua ‘Madonna col Bambino’. Mentre la Galleria d’Arte Moderna di Torino accolse un suo nudo femminile molto interessante, che porta il titolo di ‘Selvaggia’.
Nel ’32 inizia a partecipare alla Biennale di Venezia; dove sarà presente 7 volte, disponendo spesso d’uno spazio personale che gli consentirà di mostrare appieno la sua ricerca artistica.
Ma Baglioni resta soprattutto uno scultore legato alla sua città d’adozione, Torino; dove lascia traccia della sua spiccata personalità.
A Torino collabora, con importanti architetti, alla decorazione scultorea di palazzi; com’è il caso del Palazzo in Via Palmieri, eseguito da Antonio Pogatschnig, che vede in sommità due grandi statue di Baglioni che completano la facciata.
Ma la sua opera più tipica, nel pieno centro cittadino, è la coppia di fontane ispirate ai fiumi che attraversano Torino: la Fontana del Po e quella della Dora; opere che fanno parte ormai da tempo del panorama urbano torinese.
Baglioni le eseguì nel ’37, risultando vincitore d’un concorso cui parteciparono 56 artisti; e rappresentano i due fiumi torinesi sotto forma di figura umana: un uomo barbuto ed una donna formosa, distesi ognuno sopra un basamento.
Dopo aver molto lavorato, anche nei comuni della cinta torinese, Baglioni coprì la carica d’insegnante nell’Accademia di Belle Arti di Torino.
Ed a Torino morì, nel 1965. Lasciando, nell’elegante capoluogo del Piemonte, una traccia importante della sua vita d’artista. Quella vita iniziata, anni prima, in Calabria: nella città di Scalea, forse mai dimenticata.


Radio1One
(Venerdì 4 Gennaio 2008)

mercoledì 2 gennaio 2008

Occhio alla sovranità dello Stato

di Tiziana Ruffo

“Il problema dell’ordine pubblico costituisce una piaga del Tirreno cosentino che impedisce, ostacola il sano sviluppo e compromette una sana espansione produttiva. La Provincia non è uniforme nel suo sviluppo, in alcune zone del territorio si verificano sacche di microcriminalità che ogni tanto esplodono, in altre, viceversa, ci sono livelli accettabili di ordine e di sicurezza pubblica”. A parlare è il Prefetto di Cosenza, Pietro Lisi, nei giorni scorsi a S.Maria del Cedro per un incontro con il sindaco Francesco Maria Fazio e gli amministratori. Nel corso del colloquio, a cui ha partecipato anche il sindaco di Diamante, Ernesto Magorno, il Prefetto ha fatto il punto sullo stato dell’ordine pubblico nel Tirreno cosentino, riconoscendo che c’è una pericolosità legata alla microcriminalità e alle cosche rispetto a cui bisogna fare quadrato per consentire allo Stato di esercitare la sovranità nel Tirreno cosentino. Una riflessione su legalità e sviluppo, insomma, che porta a rafforzare i rapporti e la reciproca collaborazione fra Prefettura e Comuni: “I sindaci e il Prefetto devono stare intorno ad un tavolo per esercitare la sovranità dello Stato- ha sottolineato il Prefetto- e dare sicurezza ai cittadini garantendo il controllo del territorio”, obiettivo importante in una zona in cui la sovranità è a rischio per la presenza della criminalità organizzata che disincentiva ogni forma di investimento produttivo. ( Gazzetta del Sud 30.12.2007)