lunedì 18 agosto 2008

UN FUTURO RICCO DI DONI

Brevi riflessioni a margine del libro di Luigi Leporini “Non c’era una volta”
di Rosa Randazzo



La globalizzazione.Circolano liberamente merci e denaro, persone, progetti di vita, anime e cuori.
Il denaro circola sui fili del cyberspazio, un non luogo, arricchisce i pochi, impoverisce i più.
Le persone circolano liberamene sui luoghi e i luoghi perdono. Perdono i luoghi della loro terra, della loro città, del loro paese, del loro villaggio, della loro capanna, del loro grattacielo, dell’appartamento nel loro condominio…
I luoghi e i profumi dell’infanzia, che ti rimangono attaccati alla pelle per sempre e che rendono i luoghi riconoscibili, riconoscibili gli odori, riconoscibili i momenti di gioia e di dolore, i momenti feriali e quelli festivi, riconoscibile il mutare dei luoghi e delle persone, dei profumi e degli eventi.
Lo smarrimento del luogo, del genius loci di latina memoria, è lo smarrimento dell’uomo e della sua identità.
La globalizzazione non si può fermare, non si può dire ‘fermate il mondo voglio scendere’.
Bisogna neutralizzarla.
Chi ha smarrito i propri luoghi,deve cogliere, deve appropriarsi dei luoghi che lo accolgono,deve sentire lo spirito dei luoghi se non vuole perdersi, deve annodare i fili che legano l’uomo all’ambiente, agli odori, ai ricordi dei luoghi che l’accolgono. Deve rubarli. Deve divenire ladro, ladro dei luoghi, se non vuole smarrirsi.
L’ho letto tutto d’un fiato il libro di Luigi Leporini. Io, “forestiera” a Cetraro, l’ho accolto come un dono. L’autore mi ha offerto lo spirito dei luoghi attraverso pagine scritte con un linguaggio agile e piacevole, senza ricercatezze forzate.
Sono i luoghi che da più di 30 anni sono anche i miei e che non possiedo pienamente perché i miei luoghi, i luoghi della mia infanzia sono altrove. Sono altrove i luoghi che ti rimangono attaccati addosso come una seconda pelle.
E’ un diario avventuroso quello di Leporini, un diario nudo ma non distaccato di un passato che continua nel presente, di un tempo che altalena tra passato e presente.
Rappresentazioni frescamente epiche, confessioni sincere e talvolta demitizzanti di eventi, di istituzioni e di persone che Cetraro e il Leporini stesso, per certi versi hanno mitizzato.
Un passato non idealizzato, non un eden perduto in cui rifugiarsi e in cui arroccarsi ma un luogo della memoria da restituire al presente perché sull’ieri e sull’oggi si costruisca il futuro. Un futuro ricco di doni, è la speranza dell’autore, che non cade mai in maniera stucchevole nel rimpianto per il passato, ma che del passato coglie il bene ed il male, il bello ed il brutto.
Hanno preso vita davanti ai miei occhi figure ben delineate di uomini e donne, poveri e ricchi, padri di uomini e di donne che oggi ben conosciamo, figure di amici e colleghi fotografati dal punto di vista dell’autore ma che sono documenti di un’epoca, di un pezzo di storia di Cetraro, in un determinato momento della Storia.
Ed ecco che saporite e fresche rappresentazioni parlano di incontri proficui tra giovanetti ed adulti, di avventure giovanili, di insegnanti ammirati ma non idealizzati, anzi colti nelle loro debolezze, di oggetti quotidiani che sono parte della vita pulsante delle famiglie, non freddi oggetti estranei ed estranianti, simbolo dell'alienazione delle nostre case sempre più asettiche, sempre più isole, e di rapporti umani sempre più sfilacciati.

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