domenica 11 gennaio 2009

Crisi economica internazionale. Grandi rischi ma anche nuove opportunità

di Vincenzo Gallo



La crisi finanziaria sta avendo un effetto crescente sull’economia reale e ormai quasi tutte le economie sono in recessione.

Secondo il Centro Studi di Confindustria il crollo di fiducia e l’incertezza stanno inducendo le imprese e le famiglie a rinviare le decisioni di spesa, con un conseguente calo dei consumi e della produzione.

In Italia tra le imprese manifatturiere la fiducia è scesa al valore minimo dal 1993.
Il numero di disoccupati inoltre continua a salire in quanto le imprese tendono a diminuire l’impiego di manodopera in un contesto di forte riduzione della domanda e contrazione dei margini.

Negli USA nel 2008 c’è stato il maggiore aumento del tasso di disoccupazione dal 1945, che è salito al 7,2%. Il tasso di disoccupazione in Italia nel terzo trimestre è stato del 6,7%, ma si prevede debba aumentare a fine anno oltre il 7,5% previsto.
Da sottolineare anche che in dicembre in Italia c’è stata una crescita record della cassa integrazione ordinaria per il settore industriale ed edile (+525%), in quanto le aziende (come la Fiat) hanno ridotto drasticamente la produzione.

I Governi dei principali paesi industrializzati stanno prevedendo interventi per arrestare la crisi bancaria, rilanciare la crescita con tagli dei tassi e delle tasse e soprattutto maggiore spesa pubblica che entra direttamente in circolo, cercando di cogliere alcune condizioni favorevoli, in particolare il calo delle materie prime e dell’ inflazione.

E’ da sottolineare però che in questo scenario così preoccupante si stanno creando anche nuove opportunità in alcuni settori.

Uno di questi è quello delle energie alternative, visto che ormai tutti pensano a “rottamare il petrolio”, benché il suo prezzo sia crollato negli ultimi mesi, oscillando ora intorno ai 40 dollari.

Inoltre è da rilevare che stanno aumentando gli investimenti per l’acquisto di grandi terreni agricoli. E’ interessante al riguardo un articolo pubblicato su Panorama.it, secondo il quale la Fao prevede che entro il 2030 il mondo avrà bisogno di 1 miliardo di tonnellate in più di cereali per nutrire una popolazione che avrà superato gli 8 miliardi.

E questo ha stimolato paesi come l’ Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, la Cina e la Corea del Sud, ma anche l’ India e la Libia, che non dispongono di spazi e risorse sufficienti, a delocalizzare la produzione di cibo per i propri abitanti.
Una organizzazione spagnola ha censito un centinaio di grandi accordi per l’acquisto e l’affitto di terreni e risaie in tutto il mondo. Il paese più attivo sarebbe stato la Corea del Sud, quarto importatore al mondo di mais, che avrebbe siglato intese relative a circa 2,3 milioni di ettari.

E’ da sottolineare, inoltre, che i fondi di investimento e le multinazionali stanno puntando all’acquisizione di grandi terreni per poter produrre anche biocarburanti.

In questo contesto anche in Italia aumentano quindi le opportunità per i proprietari pubblici e privati di terreni coltivabili e per i progetti innovativi che prevedono lo sviluppo di nuove filiere agricole per la produzione non solo di cibo, ma anche di bioenergie e di biomateriali.

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