di Vincenzo Andraous
E’ di questi giorni la polemica sulla pubblicazione di alcune intercettazioni telefoniche, e soprattutto su come è condotta la televisione di stato.
“Un oltraggio alla civiltà del diritto” è stato sentenziato, un’offesa alla dignità della persona coinvolta ingiustamente, è stato affermato.
Intercettazioni e contrattazioni si sommano volgarmente, diventano gossip, peggio, terreno di conquista politica.
Le vittime designate non risulteranno i protagonisti della vicenda, bensì i soliti cittadini dal silenzio imposto democraticamente.
Insomma che la fa da padrona è la scolara ripetente a nome ingiustizia, anche la carta stampata non si sottrae a questo andazzo, e senza andare a parare sui paragrafi irreggimentati dei giornali di partito, è sufficiente dare un’occhiata su qualche quotidiano nazionale.
La recita è talmente intenzionale e persistente da indurre a credere che sia l’utente a richiedere notizie disegnate su fiumi di sangue, sparate dagli effetti speciali, sempre chi legge a preferire l’immagine dell’orrore a discapito di una obiettività che risiede nella realtà vera delle cose.
Tutto ciò è quanto meno suggestivo.
Fare informazione non contempla la misura o la ricerca di una patologia da soddisfare, piuttosto sta nel raccontare i fatti, belli o brutti che siano, ma i fatti e solo quelli.
Per esempio, illustrare lo svolgimento di un convegno sull’importanza di offrire occasioni di lavoro ai detenuti, perché ciò da un lato elimina l’innalzamento della famigerata recidiva, dall’altro è fonte certa per il ripristino della legalità e della sicurezza, non è cosa di poco conto, soprattutto se lo si fa licenziando con fermezza i toni buonisti.
Ma scriverne e titolare l’articolo usando la pratica della mazza e del tridente sguainati, con spreco di neretto e cubitale sul nome di qualcuno che vi ha partecipato, insieme a molti altri, solo perché personaggio dal passato vergato a tragedia, di cui da trent’anni sta pagando le conseguenze, è una dinamica pennivendola, atta solo a incuriosire chi il giornale non lo legge.
Questo tipo di libera circolazione dell’informazione non mi pare l’ingrediente fondamentale per sostenere che siamo in democrazia, soprattutto non mi sembra intellettualmente onesto che, per fare risultare quel giornale visibile e interessante, debba esprimersi-sprecarsi in furbizie, piuttosto che spendersi con argomentazioni complete, sintetiche, ordinate.
Non è l’utente a richiedere al giornalista di stilare articoli o immagini scatenanti impulsi animali, credo invece sia l’esatto contrario, un certo professionismo giornalistico a creare e alimentare se stesso, attraverso la divulgazione del morboso, del male che banalmente affascina, senza rendere giustizia alla informazione, quella seria
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