domenica 15 giugno 2008

Maestri napoletani del ‘700 nel Tirreno Cosentino

di Carlo Andreoli


Nel panorama variegato dei beni d’arte del Tirreno Cosentino è dato circoscrivere anche una serie di lavori di maestri napoletani del ‘700 che si richiamano alla migliore tradizione del barocco.
A Scalea, nella Chiesa di S. Maria d’Episcopio, è, ad esempio, una tela della “Circoncisione di Nostro Signore” che viene attribuita in genere a Paolo de Matteis: uno dei massimi talenti della Pittura Napoletana della fine del ‘600 che, proseguendo l’esperienza di Luca Giordano, precorre le atmosfere rarefatte del barocco in una chiave di fantasioso classicismo: come evidenzia il suo dipinto dell’Allegoria delle Arti conservato nel Getty Museum di Los Angeles. E seguace di Paolo de Matteis, oltre che suo cognato, fu pure Giovan Battista Lama; di cui abbiamo a Belvedere, nella Chiesa di S. Maria del Popolo, una tela della “Visitazione della Vergine” che vale chiaro esempio della sua arte soave e raffinata che attinge nel pastoso chiaroscuro un delicato gusto classicheggiante. Unico lascito in Calabria, oltretutto, di questo prezioso artista. Così come unico risulta ancora un intero ciclo di pitture, già tutte consegnate all’aura del barocco, di Jacopo Cestaro nella Chiesa dell’Immacolata di Fuscaldo: una serie deliziosa di cinque ovali ad olio, dedicati al tema della “Vita della Vergine”, che, eseguiti intorno al 1735, riassumono quel clima di revisione dei soggetti sacri alla luce del nascente razionalismo europeo. Una pittura, quella del Cestaro, che fa della purezza una risorsa innovativa; ed una “Santa Rosa” della Collezione Thyssen di Madrid ne mostra uno degli esiti migliori. Un pittore, invece, forte e immaginoso, che opera già nella seconda parte del ‘700, lasciando in Napoli, nel soffitto del Salone di Capodimonte, uno straordinario affresco dell’ “Apoteosi di Re Ferdinando e Carolina” fu Pietro Bardellino. E di lui abbiamo qui in Calabria, oltre a due recenti acquisizioni della Collezione Carime di Cosenza, un dipinto, nella Raccolta d’Arte del Santuario di Paola, che raffigura “S. Giovanni Nepomuceno”. Un’opera, come osserva il Direttore dei Musei Vaticani Pietro Amato, che ha un tocco delizioso e raffinato, ricco d’un cromatismo fresco, in cui affiora la rarefatta trasparenza d’un valido maestro come Corrado Giaquinto. Spostandoci più a sud, a Fiumefreddo Bruzio, incontriamo quindi tre artisti che chiudono in bellezza questa panoramica. Nella Chiesa di S. Chiara troviamo forse l’opera più bella ed importante del barocco napoletano sul Tirreno Cosentino: ed è la tela di “S. Nicola che salva il fanciullo coppiere” di Francesco Solimena: il caposcuola della nuova arte che dettò i canoni del barocco in tutte le corti d’Europa. Un dipinto, smagliante di colori, che libra le figure nel tipico volteggio turbinoso che denota i lavori del maestro: come accade nel “Massacro dei Giustiniani a Scio” del Museo di Capodimonte a Napoli. E d’un suo allievo di grandi qualità, come Francesco De Mura, che volse l’arte del maestro verso un maggiore equilibrio di forme, troviamo testimonianza nella Chiesa dell’Immacolata di Fiumefreddo Bruzio. Mentre, di nuovo nella Chiesa di S. Chiara, abbiamo un esempio ancora d’un artista raro del primo ‘700, Giuseppe Castellano, che riprende le maniere di Luca Giordano in un composto e morbido dipinto della “Madonna col Bambino e quattro santi”.
Un breve viaggio nella Pittura del Barocco Napoletano che abbiamo però l’agio di compiere qui da noi, nelle nostre chiese: basta solo andare in giro, armati di tenacia e di buona volontà, per conoscere infine quel che abbiamo ed ancora non sappiamo.

Radio1One
(Venerdì 13 Giugno 2008)

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