giovedì 12 giugno 2008

Uomini di Fede del Tirreno Cosentino

di Carlo Andreoli

Nei primi secoli dell’era cristiana, la Calabria divenne un caposaldo dell’evangelizzazione; e basterebbe a dimostrarlo il numero cospicuo di diocesi che presto si formarono. Nel seguito, questa radice cristiana tenne sempre più a rinvigorirsi; e fitta è la schiera degli uomini di chiesa che la Calabria maturò nel tempo, molti dei quali giunti proprio dal Tirreno Cosentino.
Intorno all’anno 1000, accanto a guide carismatiche della chiesa basiliana, come Nilo da Rossano, che allora frequentarono l’Eparchia del Mercurion, primeggia S. Ciriaco da Buonvicino. Nato nel villaggio di Trepidone, egli condusse prima una vita d’anacoreta. Ma presto divenne egumeno dell’Eparchia del Mercurion, prestando il sacerdozio nel Monastero di S. Maria dei Padri a Buonvicino; e la sua fama di santità si sparse ovunque. Fin che fu chiamato dall’Imperatore d’Oriente Michele IV il Paflagone per sanare sua figlia d’una grave malattia. Onorato da tutti, Ciriaco si spense circa l’anno 1030 e fu sepolto dentro la sua chiesa. Tra i primi seguaci di S. Francesco d’Assisi fu, invece, S. Daniele Fasanella, nato a Belvedere intorno al 1200. Divenuto Provinciale dell’Ordine dei Minori Francescani, assieme ad altri confratelli si spinse nel 1227 fino ai lidi del Marocco, per convertire alla fede cristiana i musulmani. Ma lì i Sette Martiri, come furono poi chiamati, subirono l’eccidio e furono sepolti a Ceuta. Di S. Francesco da Paola, vissuto lungo tutto il ‘400, è ben nota la vicenda personale che ne ha fatto una delle figure più eminenti della santità cristiana. Fondatore dell’Ordine dei Minimi, diffuso in tutta Europa, e taumaturgo di riconosciuta fama, trascorse l’ultima parte di sua vita in Francia, presso Tours, dove fu chiamato da Re Luigi XI. Il motto del suo Ordine, Carità, racchiude già il principio del suo insegnamento: vivere la fede compiendo opere di bene, per essere grati a Dio ed utili al nostro prossimo. Ma, oltre che di santi, la Chiesa si compone soprattutto d’uomini di fede che a varia titolo ne formano l’esempio militante. Così, nel secondo ‘500, visse a Cetraro Frate Albenzio de’ Rossi che, dopo una vita d’eremita in Calabria, fondò a Roma, presso Porta Angelica, un ospedale per i pellegrini che diede poi ricovero, fino all’800, a migliaia di diseredati. E di cui resta oggi memoria nella chiesa romana di S. Maria delle Grazie al Trionfale. Mentre, nella seconda parte del ‘600, visse il Beato Nicola Saggio da Longobardi che, figlio di contadini, divenne oblato professo dell’Ordine dei Minimi; acquistando fama in Roma, presso il Convento di S. Francesco di Paola ai Monti, di benefattore e mistico. Tanto che il Superiore, per moderare gli eccessi della sua popolarità, fu costretto a rimandarlo in Calabria; dove fu portinaio nel Santuario di Paola. A cavallo tra ‘600 e ‘700, sta invece Giuseppe Maria Perrimezzi, di Paola, che unì sempre al suo magistero di vescovo una spiccata propensione per la cultura sacra; il cui frutto furono libri di rara eleganza e l’istituzione, nel Vescovado d’Oppido, d’un’Accademia di Lettere le cui dissertazioni egli raccolse nei volumi “Delle decisioni accademiche”. Nel panorama variegato dell’Ottocento, emergono infine due figure singolari, provenienti entrambe da Fuscaldo. Il padre domenicano Girolamo Gigli non solo fu teologo di chiara fama che resse pure lo Studio di Bologna promuovendo l’armonia di teologia e filosofia, quanto passò agli onori della cronaca per essere stato colui che assolse il filosofo Rosmini dall’accusa d’eresia. Mentre padre Francesco Maria Vaccari fu partecipe, a fianco di S. Vincenzo Pallotti, dell’istituzione a Roma dell’Ordine dei Padri Pallottini: un ordine moderno che si propose d’innovare l’impegno della Chiesa nella società.
Mancano ancora molti a questo elenco sommario; ma già basta a capire il contributo che la nostra terra ha dato, nel tempo, alla Chiesa: un contributo solido e continuo di fede ed operosità.


Radio1One
(Venerdì 6 Giugno 2008)

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