di Carlo Andreoli
Fra tanti artisti che hanno lasciato loro opere sul Tirreno Cosentino, si segnala un fiammingo che, nato ad Amsterdam verso il 1543, visse a Napoli per gran parte della sua vita: si tratta di Dirck Hendricksz, noto pure alle cronache d’arte come Teodoro d’Errico il Fiammingo.
Sceso a Napoli verso il 1570, egli s’unì alla folta schiera di pittori fiamminghi che aveva allora nella bottega di Cornelis Smet un luogo comune di riferimento. E fondendo il gusto nordico ai modi dominanti del tardo-manierismo napoletano, si forgiò uno stile proprio che gli consentì di lavorare, per 40 anni circa, per chiese e confraternite di varie parti del Regno. Sicché di lui si trovano in Calabria molte opere: buona parte delle quali concentrate proprio sul Tirreno Cosentino. E valga a dimostrarlo il breve elenco che, tra lavori certi e attribuzioni, ne segnala il passaggio qui da noi.
Ad Aieta, nella chiesa di S. Maria della Visitazione è, ad esempio, una tavola della “Madonna del Carmelo” che viene d’ordinario attribuita al Fiammingo.
Come pure a Scalea, nella chiesa di S. Nicola in Plateis, è un dipinto di “S. Antonio da Padova” che molti autori riportano a Dirck Hendricksz. Raffigura il Santo in piedi, su uno sfondo paesistico; e nella base ha tre riquadri interessanti con “Storie della Vita del Santo”.
A Bonifati, poi, la chiesa del Calvario custodisce un “Cristo portacroce tra i SS. Pietro e Paolo” che è quasi certamente opera sua. Le due figure degli apostoli hanno, infatti, singolari analogie iconografiche coi SS. Pietro e Paolo della chiesa di S. Michele di Potenza, che gli viene attribuita con una qualche sicurezza.
Ed a Paola si contano tre opere assegnabili al Fiammingo. Nel Duomo, una “Presentazione al Tempio” ch’era parte centrale d’un polittico smembrato. Nella chiesa gesuita del Rosario, una “Madonna della Purità”; splendido tondo che s’aggiunge ad altri tre esemplari del medesimo soggetto presenti a Cassano Ionio, Rende e Catanzaro. E nel Santuario di Paola, proprio sull’altare della Cappella del Santo, un “S. Francesco d’Assisi” che deriva forse dal medesimo polittico del Duomo di Paola.
A Longobardi, infine, nella chiesa di Santa Domenica, una “Madonna col Bambino in gloria e Santi” qualifica il suo tributo di stile alla maniera di Federico Barocci, caposcuola di quell’arte italiana che anticipa il barocco.
Ci sarebbe quanto basta per organizzare, insomma, una mostra di soli suoi dipinti presenti sul Tirreno Cosentino; e vedere radunata molta parte del suo percorso artistico.
Come ricorda il De Dominici, che scrisse del Fiammingo una biografia nel 1743, dopo una lunga infermità in cui fu preso da ricorrenti dolori colici acuiti dalla sua predilezione per una vita dissipata, egli si spense in patria, ad Amsterdam, nel novembre del 1618. Lasciando che il figlio Luca, anche lui pittore, portasse a termine le opere incompiute.
Un lascito importante le sue opere, che fanno intravedere come un nordico di fine ‘500 abbia assorbito gli umori della pittura napoletana manierista, per sortire un impasto raffinato e originale. Un lascito che le chiese del Tirreno Cosentino custodiscono con dovizia d’esemplari; e che merita un dovuto apprezzamento per tracciare quell’ideale percorso delle arti che s’è sviluppato nel tempo sulla nostra riviera.
Radio1One
(Venerdì 28 Marzo 2008)
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