sabato 15 marzo 2008

Pittura bizantina del Tirreno Cosentino

di Carlo Andreoli


Nel campo della pittura bizantina, il Tirreno Cosentino ha due esempi di notevole interesse a Paola e Scalea.
A Paola, in contrada Gaudimare, si trova la Chiesa di Sotterra, che risale circa alla fine del IX secolo. Allorquando cioè il generale di Bisanzio, Niceforo Foca, tolse ai Longobardi la Calabria, che ridivenne quindi una Provincia dell’Impero. Ed i monaci basiliani di Sicilia, pressati dall’avanzata musulmana, si rifugiarono nella parte superiore di Calabria, dando luogo all’Eparchia del Mercurion. Fu allora che prese piede qui da noi una cultura artistica orientale di cui la Chiesa di Sotterra risulta essere uno dei più antichi monumenti. Scoperta casualmente nel 1876, essa doveva essere, in origine, un luogo di culto paleo-cristiano, che i basiliani adattarono a santuario immettendovi apporti originali. Nel vano rettangolare dell’aula, si nota infatti lungo la parete curva dell’abside un affresco, risalente proprio all’arte basiliana, che rappresenta forse un’Ascensione. Nel registro superiore, pressoché perduto, doveva figurare un Cristo in una mandorla di luce; mentre l’inferiore conserva ancora oggi una Vergine attorniata dagli Apostoli d’austera nobiltà di forme. Nel prosieguo, il luogo sacro fu forse amministrato dai monaci benedettini del vicino Priorato di S. Michele. Dato che al loro repertorio iconografico del ‘300 può essere ascritta la coppia dell’Annunciazione che figura sui piedritti che inquadrano l’esedra absidale: un Angelo nunziante, con le ali spiegate e le braccia incrociate sopra il petto che serrano una stola svolazzante; ed una Vergine annunciata che si chiude pudica nel suo manto, sullo sfondo d’un drappo ornato di geometrie cosmatesche. Ed al medesimo orizzonte culturale si può pure assegnare un altro affresco; posto su un altare laterale che doveva fungere da protesi, luogo di custodia del pane e del vino. E rappresenta tale affresco una Madonna che allatta il Bambino, cui s’accosta la presenza simbolica d’una melagrana; ed un Santo monaco, identificabile forse in S. Basilio. Un complesso, insomma, d’indubbio valore artistico che racchiude in tre cicli di pittura un campionario d’evoluzione storica della cultura figurativa locale.
A Scalea, nella Chiesa dello Spedale, si ritrova invece una fase più evoluta dell’arte bizantina. Quando cioè essendo subentrato, nel secolo XI, il dominio normanno, si tese a interpretare il formulario bizantino quasi come “istrumentum regni” del nuovo regime; dando adito ad un repertorio fisso e già tutto consegnato nelle forme che s’espresse in uno stile ieratico e composto. Collocata nella parte alta dell’abitato di Scalea, la chiesa fu scoperta, ancora una volta casualmente, nel 1967; quando tra calcinacci e ruderi di mura emerse d’incanto tutta una serie d’affreschi di brillante cromia che rivelò volti scavati di santi ed iscrizioni antiche. L’attributo di “spedale” farebbe pensare all’uso basiliano di ricevere in un luogo sacro malati e pellegrini; ma forse tale titolo è solo invalso di recente. Come recente è pure la copertura in legno che oggi protegge l’invaso della nave absidata, nel cui incavo spicca una triade di santi, e del vano adiacente. Lasciando in chi vi entra l’impressione di trovarsi in uno spazio senza tempo, dove il fascino emotivo prevarica la concentrazione estetica sui dipinti parietali.
Due esempi di pittura bizantina, dunque, che s’assommano al patrimonio d’arte della nostra riviera; mostrando come essa sia ricca di risorse che si snodano lungo un arco molto ampio di storia e di cultura.


Radio1One
(Venerdì 14 Marzo 2008)

1 commento:

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie