di Carlo Andreoli
Una figura importante del Tirreno Cosentino, che ebbe un ruolo preminente nell’arte del ‘700, è quella di Giuseppe Pascaletti: pittore tra barocco e rococò, che svolse il proprio stile tra splendidi ritratti dell’aristocrazia romana ed una ricca produzione d’arte sacra.
Nato a Fiumefreddo nel 1699, egli potè godere, in gioventù, della protezione della marchesa Lucrezia Ruffo Della Valle. La quale, per coltivare il suo talento, lo mise prima a bottega in Napoli con Francesco Solimena; e poi gli procurò un soggiorno a Roma, al seguito del cardinale Tommaso Ruffo, che permise al giovane pittore di frequentare l’ambiente più esclusivo della società romana. Lì, infatti, il Pascaletti ebbe modo d’accostare gli artisti più à la page e d’entrare in rapporto d’amicizia con le famiglie principesche dei Colonna e degli Altieri. La sua arte raffinata ed i suoi modi affabili lo resero, anzi, il ritrattista ufficiale di quel mondo aristocratico. E due ritratti dei Principi Colonna, collocati oggi nel Museo Correale di Sorrento, valgono a mostrare il suo brio espressivo e la sua sapienza nel disegno. Il riconoscimento dei suoi meriti d’artista ebbe comunque un suggello ufficiale quando, nel 1738, il Pascaletti fu ammesso nella Congregazione dei Virtuosi del Pantheon, ritrovandosi come maestro dei novizi l’artista più in voga del momento: Sebastiano Conca. E proprio sullo stile del Conca, misto alla tenuità cromatica di Pompeo Batoni, si modellò del tutto la sua cifra artistica: riconoscibile ad occhio per il disegno vivace ed un colorito brillante. Dopo la fortunata carriera in Roma, premiata col conferimento dell’Ordine dello Speron d’Oro, nel 1744 il Pascaletti fece ritorno in Calabria; dove a Fiumefreddo sposò la baronessa Teresa De Ponzio ed aprì un atelier di pittura in cui si diede alla composizione di numerosi lavori d’arte sacra, che si trovano oggi sparsi in molti luoghi del Cosentino. Solo per citarne alcuni, al 1748 risale una bella “Immacolata” che si trova nella chiesa omonima di Fuscaldo. Una tela di fresco cromatismo il cui impianto iconografico doveva certo soddisfare il gusto del maestro; dato che in seguito ne propose anche una copia per l’Arcivescovado di Cosenza. E sempre all’anno 1748 rimonta un’altra opera notevole del Pascaletti, posta un tempo nella chiesa del Ritiro di Rende ed oggi conservata nel locale museo civico. Si tratta del “Trionfo della SS. Trinità”; in cui il pittore riprese un tema che Sebastiano Conca aveva svolto per la chiesa di S. Ignazio all’Olivella di Palermo. D’altronde, che il Pascaletti continuasse a tener viva la maniera del Conca lo mostra pure una delle sue opere migliori del periodo calabrese: il “S. Michele Arcangelo” del Santuario di Paola, risalente al 1750. La tela riprende, infatti, un analogo lavoro di Sebastiano Conca che si trova oggi collocato nella Pinacoteca di Gaeta.
Nel suo atelier di Fiumefreddo, il Pascaletti continuò a dipingere opere sacre “per sua devozione” come amava dire; e, nel 1754, la sua casa fu allietata pure dalla nascita del figlio primogenito; che chiamò Emilio, in omaggio al principe romano Emilio Altieri che ne fu padrino di battesimo.
Fintanto che il 30 agosto del 1757 il pittore morì nel suo palazzo di Fiumefreddo; e la sua salma venne tumulata nella chiesa di S. Francesco di Paola, presso l’altare della Madonna del Carmelo.
Lasciando, dietro di sé, il ricordo d’un uomo dal tratto nobile e gentile; ed una serie eccellente di dipinti di cui forse ancora oggi non si ha un compiuto elenco. Un maestro del ‘700 calabrese, dunque, ancora da scoprire per valutare la cadenza regionale del barocco ed altro ancora.
Radio1One
(Venerdì 11 Aprile 2008)
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