sabato 12 aprile 2008

L’Italia a rischio. Crescita zero e competitività in diminuzione.

di Vincenzo Gallo


L’economia italiana tende ad una crescita zero.
Il PIL è risultato dell’1,8% nel 2006, dell’ 1,5% l’anno scorso e le previsioni pari allo 0,7% nel 2008 risultano ottimistiche.
Da un’indagine congiunturale effettuata nel mese di marzo dalla Confindustria emerge che ai livelli attuali il caro petrolio sottrae 0,6 punti alla dinamica del PIL, mentre la rivalutazione del cambio ne toglie altri 0,2.

C’è da chiedersi cosa succederebbe se il prezzo del petrolio dovesse continuare a crescere.
Nel 2006 non ha superato la soglia degli 80 dollari, mentre il 17 marzo scorso ha toccato il suo massimo storico, pari a 111 dollari. Dopo alcuni giorni di ribassi ad aprile ha di nuovo quasi raggiunto questa quotazione e secondo alcune stime potrebbe anche avvicinarsi ai 200 dollari.

Estremamente preoccupanti risultano, inoltre, i dati relativi alle indagini internazionali sulla competitività.

In queste analisi vengono presi in considerazione vari indicatori tra i quali l’esistenza di infrastrutture, l’ambiente di business, il sistema di istruzione, la diffusione di tecnologie ed innovazione, le normative, l’esistenza di corruzione nelle istituzioni pubbliche, l’ambiente macroeconomico.

In base a tre diverse indagini internazionali l’Italia risulta rispettivamente al 42 ° , al 56° e all’82° posto.

I paesi maggiormente industrializzati, ma anche la Svizzera, i paesi scandinavi e Singapore, sono tutti nella fascia alta della classifica.
Anche la Spagna è in una posizione molto migliore di quella italiana, mentre il nostro paese ha ottenuto un punteggio inferiore anche a quello della Tunisia.

Nella classifica della Banca Mondiale, che ha preso in esame gli indicatori di 173 paesi , l’Italia occupa mediamente la 82° posizione, ben 13 in meno rispetto allo scorso anno.

E’ da sottolineare però che per il rispetto dei contratti commerciali l’Italia risulta addirittura al 141° posto, per il pagamento delle tasse al 117° e per ottenere una licenza al 104° posto.

Da questi dati si comprende come mai i grandi investitori internazionali ignorano Italia a differenza di altri paesi anche del Mediterraneo, che riescono a cogliere meglio le opportunità esustenti.
Ormai si compete tra sistemi territoriali e non solo tra singole imprese e sarebbe opportuno tenere presente ad ogni livello che in un mercato globalizzato e aperto si creano nuove occasioni di sviluppo, ma si rischia anche di perdere le posizioni acquisite molto più facilmente.

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